Titolo originale | Keyke Mahboobe Man |
Titolo internazionale | My Favourite Cake |
Anno | 2024 |
Genere | Drammatico, Commedia, |
Produzione | Iran, Francia, Svezia, Germania |
Durata | 97 minuti |
Al cinema | 36 sale cinematografiche |
Regia di | Maryam Moghaddam (II), Behtash Sanaeeha |
Attori | Lili Farhadpour, Esmaeel Mehrabi, Mohammad Heidari (II), Mansoore Ilkhani Soraya Orang, Homa Mottahedin, Sima Esmaeili. |
Uscita | giovedì 23 gennaio 2025 |
Tag | Da vedere 2024 |
Distribuzione | Academy Two |
MYmonetro | 3,67 su 16 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento sabato 18 gennaio 2025
L'inaspettato, dolce e beffardo incontro tra una donna e un uomo entrambi soli. Il mio giardino persiano è 17° in classifica al Box Office. mercoledì 29 gennaio ha incassato € 9.173,00 e registrato 15.744 presenze.
CONSIGLIATO SÌ
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Vedova da una trentina d'anni, la settantenne Mahin non ha mai voluto risposarsi e da quando la figlia è partita per l'estero vive sola a Teheran nella sua grande casa con giardino. Stanca della solitudine, dopo un pranzo con le amiche che l'ha spinta a cercare la compagnia di un uomo, Mahin avvicina l'anziano tassista Faramarz, ex soldato anche lui destinato a restare solo, e con gentilezza lo invita da lei per passare una serata insieme. L'incontro inaspettato si trasformerà per entrambi in qualcosa d'indimenticabile.
Presentato in concorso alla Berlinale 2024, il film non fu accompagnato dai suoi due autori, Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha, a cui venne negato il passaporto: una chiara ritorsione del governo iraniano nei confronti del loro cinema poco allineato.
Già nel loro film precedente, Ballad of a White Cow, Sanaeeha e Moghaddam (che di quel film era anche attrice protagonista), avevano del resto rappresentato il regime di Teheran come corrotto, incerto, impreparato di fronte ai propri errori, e raccontato l'esperienza quotidiana di una donna vittima di un potere indifferente. In Il mio giardino persiano (titolo internazionale My Favourite Cake, "la mia torta preferita", di cui si comprende il senso nel finale) il versante politico è più sfumato, ma allo stesso modo la messinscena sottolinea la chimera di una libertà irraggiungibile per il popolo iraniano.
La protagonista Mahin (l'intensa Lily Farhadpour), non più giovane ma ancora viva, è tenuta al suo posto di donna sola e reticente dalle regole più o meno scritte della società islamica e piccolo borghese a cui appartiene. Lo dimostrano l'hijab che è costretta a indossare (ricordando invece i tacchi alti e le scollature del mondo pre-rivoluzione), le sbrigative conversazioni al telefono con la figlia, i dialoghi con l'amica ipocondriaca, la condiscendenza degli uomini al ristorante, la curiosità della vicina impicciona che ha sentito una voce maschile nel suo appartamento...
Significativamente, la voglia di riprendere a vivere, di cercare la compagnia di un uomo e combattere la solitudine, per la donna passa attraverso la rivendicazione della sua esistenza e della sua figura nel mondo esteriore: come quando, nell'unico momento esplicitamente militante del film, si oppone all'arresto da parte della polizia morale di una ragazza rea di non indossare correttamente il velo. «Fatti sentire», dice Mahin alla giovane dopo averla salvata, «più tu accetti il loro potere, più loro ti schiacceranno».
Riconducibile in apparenza a una dimensione privata, la scelta di Mahin di invitare un uomo in casa sua e spendere con lui (il dolce Faramarz, interpretato da Esmail Mehrabi) la serata più bella delle rispettive vite, ha in realtà un contenuto chiaramente politico: Mahin e Faramarz si chiudono al mondo, nello splendido giardino della donna, e lì vivono la loro libertà fatta di vino illegale, balli e, forse, una torta alla crema, contro ogni forma d'intrusione del potere.
Le immagini confezionate dai due registi sono precise, il più delle volte fisse, altre volte invece mosse da lenti movimenti di camera; la luce è netta; i contrasti tra l'oscurità e la luce non creano il dramma ma illustrano al contrario il sottile mutamento del rapporto d'amicizia e forse d'amore fra i due protagonisti. A un certo punto, nella storia di Mahin e Faramarz, ogni cosa sembra pure avere un proprio posto nel mondo, una sua giustezza che dà senso alle cose. La sceneggiatura è del resto ricca di eco interne, di rime fra scene e parole che rimandano all'idea del passaggio e del cambiamento: dalla morte alla vita, dal passato al presente, dal dentro al fuori, dal sopra al sotto la terra. Ed è proprio lì, nel gioco di contrasti e passaggi poi bruscamente interrotto, che si gioca il destino di Mahin.
Un destino beffardo, ingiusto, anche un po' gratuito se lo si pensa in termini meramente narrativi, ma che abbraccia in pieno la visione critica dei due registi: come a dire che in Iran, in questo Iran ottuso e forse decadente, non c'è redenzione per nessuno, nemmeno per chi prova a essere libero, felice e innamorato almeno per una sera.
Anche a Teheran esistono stupendi parchi pubblici dove potere sedersi serenamente a contemplare la natura, anche a Teheran non mancano hotel e ristoranti di lusso, e neppure la cortesia e l'educazione dei giovani verso gli anziani!!! Anche i negozi, i panifici, le mense, il servizio taxi...sono come in occidente.Allo stesso modo anche in Iran si pu? benissimo avere nostalgie del passato, specialmente [...] Vai alla recensione »
L'amore senile pu? essere improvviso, fresco e innocente proprio come quello infantile. E il giardino ? il terzo protagonista silenzioso che suggeller? per sempre questo amore. Storia struggentemente romantica e .... (non aggiungo l'ultimo aggettivo per non spoilerare).
Una bella sorpresa da questa produzione internazionale. Ambientato in Iran, sostenuto dalla bravura degli attori, analizza la solitudine della terza et?, il fallimento delle aspettive, ma anche la sorpresa, l'amore e la speranza. Finale choc.
? stata una sorpresa ed un piacere scoprire questo piccolo gioiello. Mi sono detto: come si pu? fare tanto , spendendo molto poco, quando si ha qualcosa da dire. Lo suggerisco alla miriade di insignificanti registi italiani. Poesia e rispetto dei sentimenti pi? profondi.Una piccola grande storia.
Intimo e profondo. Quando tutto manca, di felicit? si pu? morire
Mahin (Lili Farhadpour) ha settant'anni. Vedova da trenta, non ha più avuto un uomo. I figli vivono all'estero e lei a Teheran, in una casa con un bel giardino nascosto, dove non arrivano gli occhi della vicina moralista. Un tempo usciva con le amiche almeno una volta al mese, ora non più di una all'anno. È ancora piena di vita e si incanta davanti ai vecchi film romantici in tivù.
Uno dei film che negli anni la Berlinale (e altri festival) hanno presentato di fronte alle poltrone vuote dei registi, costretti dal regime a restarsene a casa. Un film, soprattutto con i supporti tecnologici recenti, emigra più facilmente delle persone che lo hanno girato. In questo caso, la coppia Behtash Sanaeeha e Maryam Moghaddam, lei già attrice per Jafar Panahi, nel film del 2013 "Closed Curtain" [...] Vai alla recensione »
Mahin (Farhadpour) ha settant'anni, è vedova da trenta ed è sola dopo che i figli sono emigrati. Vive alla periferia di Teheran e soffre di solitudine, finché non decide di prendere in mano la sua vita e ritrovare l'amore. Gettando al vento ogni cautela progetta una notte da ricordare piena di musica, danze e vino insieme al tassista Faramarz (Esmaeel Mehrabi).
Teheran. Un'anziana vedova si riaffaccia all'amore dopo annidi solitudine, grazie a un incontro inaspettato. Incombe l'ombra del regime e il film resta in bilico tra il sapore di commedia e il desiderio di mostrare la protervia degli ayatollah sullo sfondo. Obiettivo centrato a stento grazie alla poesia con cui è raccontata la senilità e la diplomazia che soffoca il coraggio della denuncia.
Ecco qualcosa che non avevamo mai visto. La vita quotidiana di una donna di mezz'età e oltre, a Teheran. Ci sono le routine casalinghe, le telefonate alla figlia lontana, la cura del giardino, la cena con le amiche, tutte a parlare di salute o dell'inutilità degli uomini (Se ne starebbe seduto qui a comandare...), forse qualche piccolo, inevitabile rimpianto.
Alla conferenza stampa del Festival di Berlino per la presentazione de Il mio giardino persiano , i posti dei due registi Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha erano vuoti: una delle sanzioni per i (pochi) cineasti iraniani le cui immagini osino mostrare donne senza velo, consumo di alcol o una certa intimità tra i due sessi. Maryam e Behtash hanno deciso di trasgredire le restrizioni nel mettere in [...] Vai alla recensione »
Tutto in una notte, ma siamo nell'Iran di catene ed esecuzioni, dunque la cena che la vedova settantenne Mahin, sola e disillusa, organizza nel suo giardino per sedurre l'anziano taxista Faramarz, solo e disilluso, diventa un atto d'amore e ribellione. Opera che nella gentilezza cucina una feroce rabbia e nel colpo di scena un monito ai giudici della vita.
Una storia semplice: due solitudini si incontrano, trovano un contatto, poi il destino fa la sua parte. Non sempre nella maniera giusta. Magari portando a un epilogo che lascia un po' di dispiacere per scelte che sembrano inutilmente crudeli. Due persone non più giovani. Lei è Mahin. Vive da sola da tempo, ma è ancora una donna vitale. Si ritrova sempre meno di frequente con le amiche, che abitano [...] Vai alla recensione »
Capita, durante i festival, che lungometraggi che inizialmente non avevano destato la nostra attenzione si rivelano essere delle vere e proprie chicche all'interno di una selezione ricca di nomi in grado di "oscurare" (almeno sulla carta, s'intende) più di metà degli ospiti presenti. Capita, e, quando succede, bisogna riconoscere che la cosa sia probabilmente quanto di meglio si possa vivere nell'ambito [...] Vai alla recensione »
Le sedie vuote alle conferenze stampa sono purtroppo diventate una pessima abitudine. Soprattutto a Berlino, quando ci sono di mezzo film e registi iraniani: è successo almeno tre volte a Jafar Panahi, due volte come regista in concorso, una volta come presidente della Giuria, nel 2020 fu la volta di Mohammad Rasoulof che poi vinse meritatamente l'Orso d'Oro con Il male non esiste.
My Favourite Cake della coppia registica iraniana formata da Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha è stato probabilmente il film più amato dalla critica e dal pubblico del Concorso della Berlinale 2024. Spiacevolmente, com'era successo l'anno scorso con Past Lives di Celine Song, la giuria ufficiale lo ha del tutto ignorato, preferendo aderire ad un'impostazione fortemente piegata alle logiche della [...] Vai alla recensione »
Parte da presupposti molto più lievi di Ballad of a White Cow, il precedente film della coppia di registi iraniani Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha (uscito in mezzo mondo fuorché l'Italia...), ma anche questo loro nuovo lavoro ha un risvolto terribilmente amaro. Tant'è che My Favourite Cake è giunto in Concorso alla Berlinale74 orfano dei suoi autori, trattenuti in patria dalle autorità e attualmente [...] Vai alla recensione »
«Per molto tempo i registi iraniani hanno realizzato i loro film secondo regole estremamente complicate. Si deve rimanere sempre entro una linea rossa, superarla potrebbe rendere impossibile lavorare per anni. E si può arrivare anche a complicate cause giudiziarie. È un'esperienza dolorosa che conosciamo bene». È con queste parole che i registi iraniani Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha hanno accompagnato [...] Vai alla recensione »
Se per Hitchcock il cinema è una fetta di torta, per il film iraniano My Favourite Cake (in originale Keyke mahboobe man), presentato in concorso alla Berlinale 2024, la torta, preparata e pronta nel finale, rappresenta uno zenit e metaforicamente il sogno forse impossibile di libertà. Siamo in un paese dove sempre più forti sono le manifestazioni contro i rigidi dettami morali della repubblica islamica [...] Vai alla recensione »
La casa come luogo di ricordi ma ora anche come metafora di una prigione. La coppia di cineasti iraniani Maryam Moghaddam & Behtash Sanaeeha non è potuta venire alla Berlinale a presentare My Favourite Cake (in originale Keyke mahboobe man) perché la polizia ha preso i loro passaporti e gli ha impedito di viaggiare e ora nel loro paese stanno affrontando un processo a causa del film.