Anno | 2024 |
Genere | Documentario, |
Produzione | Italia, Francia |
Durata | 93 minuti |
Al cinema | 1 sala cinematografica |
Regia di | Enrico Masi |
Uscita | giovedì 30 gennaio 2025 |
Tag | Da vedere 2024 |
Distribuzione | Filmotor |
MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 2 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 22 gennaio 2025
Il confronto a distanza fra due modi di stare al mondo: una comunità rurale che rifiuta la tecnologia, da un lato, la costruzione di una centrale nucleare dall'altro.
CONSIGLIATO SÌ
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Sulle Alpi italiane una famiglia di origini tedesche vive senza elettricità e senza contatti con la società, lavorando il legno, pascolando gli animali, suonando strumenti costruiti a mano, pregando. Al di là della frontiera, in Francia, è invece in costruzione un gigantesco impianto industriale che ha l'obiettivo di produrre energia attraverso la fusione atomica. Dalle parole del filosofo Alexander von Humboldt, si passa al confronto fra questi due modi opposti di vivere e stare nel mondo, con i protagonisti filmati e intervista (da un lato i membri della famiglia, dall'altra gli scienziati impegnati nella costruzione) che danno voce ai loro pensieri e alla loro visione.
Un'opera dallo sguardo antropologico, in cui il regista italiano mette a confronto e in parallelo due esperienze utopiche e cerca di farne una sintesi attraverso le sue immagini.
Affascinato dal silenzio della natura, dai rumori di un macchinario, dalla cadenza magica di di una fiaba, dall'incedere di una preghiera o semplicemente dalla limpidezza di parole sincere, autentiche, mai oppositive, come tutte quelle che si ascoltano nel film, nonostante a parlare siano personaggi divisi da tutto, dalla posizione geografia, dall'idea di mondo e soprattutto di futuro, Enrico Masi ha realizzato un film di estrema, calibrata precisione. Un'opera razionale, sospesa sull'abisso dell'incertezza. La scrittura di Terra incognita, film realizzato dopo anni di ricerche e incontri, è evidente, voluta; meglio ancora, esibita. Nel confronto a distanza fra i due mondi al centro del racconto, la comunità degli scienziati nucleari da un lato delle montagne e la famiglia volutamente fuori dalla modernità dall'altro c'è tutto ciò che unisce e al tempo stesso divide l'umanità. La tecnologia e la natura libera e liberata; la scienza e l'arte; la razionalità e la fede; il calcolo e la preghiera. Cose che non per forza di cose devono essere separate, ma che al regista interessa mettere a confronto. Di fronte alle scene di vita che il film monta in sequenze alternate - il lavoro manuale della famiglia in montagna, le visite agli impianti, la costruzione di un oggetto, la grandiosità di una macchina, una riflessione filosofico, un canto o una preghiera... - Masi è come uno degli scienziati intervistati, che parlando della possibilità di trarre un'energia perfetta si dice cerco che il problema della vita non sarebbe risolto. A quel punto, dice, «resterebbe il problema della natura umana», e cioè il tentativo comune a ogni individuo (scienziato, artigiano, pastore, ricercatore) di «controllare la turbolenza», cioè la vita, l'energia che essa sprigiona.
Nella sua struttura duplice e alternata, Terra incognita dichiara fin da subito di essere un film sull'umanità, sui tentativi che gli uomini e le donne mettono in atto per controllare la natura, e sé stessi, per convogliare in un sistema chiuso, sia quello di una centrale nucleare o di una comunità rurale, molteplici fonti di energia: naturale, mentale, psichica, artistica, spirituale... L'ambizione di Masi è quella di convogliare nel suo film le stesse forze contrastanti di cui parla, provando a controllarne la potenza evocativa e forse distruttiva. Il film è rigidamente diviso in due parti, controllato, compassato, silenzioso, a tratti poderoso (quando filma gli enormi macchinari della centrale, con il sonoro ovattato e inquadrature dilatate) e in altri momenti intimo, incerto, come quando riprende il lavoro artigianale immerso in una luce colorata e cangiante. La messinscena non è esente da un certo grado di estetizzazione, ma sono le immagini calibrate e controllate e l'uso delle voci fuori campo dei protagonisti a dare il senso dell'operazione, a offrire uno sguardo e un ritmo puramente cinematografici. E se la contrapposizione fra due mondi e due modi di essere e affrontare l'incognita della Terra non viene risolta (alla fine è una ricercatrice che dice onestamente di «non vedere la mano di Dio» in tutto quello che si fa per creare energia, opponendosi all'idea di una scienza dotata di «aura mistica») tocca al film stesso, alla sua forma e alla sua aura, gettare un ponte di qua e di là delle Alpi e così creare una connessione, un legame fra chi è così lontano eppure così vicino. O viceversa.
Sinistre ombre danzano tra i tronchi di una foresta, una luce intermittente emanata da una sconfinata potenza. Una cattedrale dell'energia si sforza di adempiere al supremo compito: portare il sacro fuoco del Sole tra gli esseri umani, attraverso il mistero della fusione nucleare. Le onde elettromagnetiche emettono suoni stridenti, risvegliando umani accovacciati nell'erba.