ruger357mgm
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giovedì 26 dicembre 2024
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ferzan esagera, rischia e?.vince
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Ha voluto strafare Ozpetek questa volta, impostando un racconto confuso su piani semantici e narrativi differenti, subdolamente approfittando delle sue molte protagoniste, strizzando l'occhio ai personaggi catalizzatori della tv di stato, Mara in primis e Geppy di rincalzo.Imbastisce, per restare in termini sartoriali, le molte vicende di una sartoria di costumi cinematografici retta, con mano ferrea in guanto griffato Pucci, da una impersonale Luisa Ranieri troppo convinta del suo ruolo di primadonna e da una problematica Jasime Trinca, avvilita da una dolorosa perdita che la deprime, costringendola a cercare sollievo nella bottiglia. Le due dame mandano avanti la sartoria cercando di assecondare dive, divine ed elettriche valchirie, nell' ordine Carla Signoris, Kasija Smutniak e Vanessa Scalera.
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Ha voluto strafare Ozpetek questa volta, impostando un racconto confuso su piani semantici e narrativi differenti, subdolamente approfittando delle sue molte protagoniste, strizzando l'occhio ai personaggi catalizzatori della tv di stato, Mara in primis e Geppy di rincalzo.Imbastisce, per restare in termini sartoriali, le molte vicende di una sartoria di costumi cinematografici retta, con mano ferrea in guanto griffato Pucci, da una impersonale Luisa Ranieri troppo convinta del suo ruolo di primadonna e da una problematica Jasime Trinca, avvilita da una dolorosa perdita che la deprime, costringendola a cercare sollievo nella bottiglia. Le due dame mandano avanti la sartoria cercando di assecondare dive, divine ed elettriche valchirie, nell' ordine Carla Signoris, Kasija Smutniak e Vanessa Scalera.A quest'ultima la palma della cazzimma ( che neanche Tataranni Imma). Tentano inoltre, le due titolari, di assemblare, amalgamandole, le lavoranti, ognuna col suo viaggio e ognuna diversa. Alla fine ce la fanno, tra messaggi subliminali, omaggi a Mina e sotto lo sguardo spiritato, nel murale, di Anna Magnani. Film votato all' autocompiacimento e all'oggi , dagli hikikomori e ai femminicidi, si giova dell'entusiasmo delle protagoniste, motivatissime e affiatate. Curioso l'incipit così come gli inserimenti che ci mostrano il making of della pellicola, con un Ferzan hitchcokiano che si fa Virgilio per noi spettatori , guidandoci per i gironi danteschi delle traversie femminili sino all'empireo, a riveder le stelle negli occhi e ai lobi di una sempre elegante E.S. Ricci. Opera nel complesso superficiale , commercialmente azzeccata e sfacciatamente ammiccante al pubblico femminile non meloniano. Si fa guardare ma non lascia il segno.
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[+] no, non lascia il segno
(di francesca)
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[+] non è bergman
(di pc)
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venerdì 27 dicembre 2024
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il mio punto di vista su ?diamanti?
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Sinceramente a me ? parso un buon film, ma non eccezionale. Molto politically correct, nel filone che vuole la Donna nuovo motore dell?Umanit?, essere quasi superiore senza macchia e paura, dinanzi a uomini irresoluti, violenti, impauriti, narcisisti, a volte addirittura clowneschi. Un clich? molto di moda, ma che diventa quasi stucchevole, e a volte stereotipato. Le Donne che riescono a superare ogni ostacolo, che stringono alleanze per giungere al risultato, che sono solo positive; gli uomini che, invece, sanno essere solo negativi.Ma ? questa la realt?, o ? solo una moda imperante? La Donna non ? un essere angelico, le due attrici che fanno pace dinanzi al desco diventando sono addirittura macchiettistiche e del tutto slegate dalla realt?.
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Sinceramente a me ? parso un buon film, ma non eccezionale. Molto politically correct, nel filone che vuole la Donna nuovo motore dell?Umanit?, essere quasi superiore senza macchia e paura, dinanzi a uomini irresoluti, violenti, impauriti, narcisisti, a volte addirittura clowneschi. Un clich? molto di moda, ma che diventa quasi stucchevole, e a volte stereotipato. Le Donne che riescono a superare ogni ostacolo, che stringono alleanze per giungere al risultato, che sono solo positive; gli uomini che, invece, sanno essere solo negativi.Ma ? questa la realt?, o ? solo una moda imperante? La Donna non ? un essere angelico, le due attrici che fanno pace dinanzi al desco diventando sono addirittura macchiettistiche e del tutto slegate dalla realt?. Esci dal cinematografo quasi reclamando un po? di ?sana? negativit? al femminile, quanto meno un po? di sofisticata perfidia. Invece nulla, solo miele. Ma cos? si sfiora la macchietta, e il didascalico, nella rincorsa ossessiva al buonismo femmineo politically correct. Voto al film sei e mezzo, non di pi
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[+] ozpeteck e se stesso
(di luigi catapano)
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angelo umana
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sabato 28 dicembre 2024
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celebration!
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“...E non andiamo via, nascondiamo del dolore che scivola, lo sentiremo poi. Abbiamo troppa fantasia, e se diciamo una bugia è una mancata verità che prima o poi succederà. Cambia il vento ma noi no e se ci trasformiamo un po' è per la voglia di piacere a chi c'è già o potrà arrivare a stare con noi. Siamo così, è difficile spiegare certe giornate amare, lascia stare, tanto ci potrai trovare qui... Siamo così, dolcemente complicate, sempre più emozionate, delicate...”: sono le parole di una canzone che canta Fiorella Mannoia (testo di Enrico Ruggeri), parole che viene da associare al film “corale” di Ferzan Ozpetek, fatto di tante donne che lavorano per una sartoria che deve realizzare i vestiti e le acconciature per un film ambientato temporalmente nella metà '700, un vaginodromo lo cataloga una di queste, di cui Geppi Cucciari è l'interprete.
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“...E non andiamo via, nascondiamo del dolore che scivola, lo sentiremo poi. Abbiamo troppa fantasia, e se diciamo una bugia è una mancata verità che prima o poi succederà. Cambia il vento ma noi no e se ci trasformiamo un po' è per la voglia di piacere a chi c'è già o potrà arrivare a stare con noi. Siamo così, è difficile spiegare certe giornate amare, lascia stare, tanto ci potrai trovare qui... Siamo così, dolcemente complicate, sempre più emozionate, delicate...”: sono le parole di una canzone che canta Fiorella Mannoia (testo di Enrico Ruggeri), parole che viene da associare al film “corale” di Ferzan Ozpetek, fatto di tante donne che lavorano per una sartoria che deve realizzare i vestiti e le acconciature per un film ambientato temporalmente nella metà '700, un vaginodromo lo cataloga una di queste, di cui Geppi Cucciari è l'interprete. E' un ritrovo spensierato e pieno di aspettative, attorno a una tavolata in giardino col regista stesso, pare una festa e un po' lo sarà.
Dietro la spensieratezza per la nuova impresa entriamo lentamente nelle vite, una ad una, delle sarte e costumiste del film. La titolare della sartoria che le guida e dà ordini, severa sola e altéra ma fragile dentro. La madre di un bambino che viene tenuto nascosto in disparte mentre essa lavora. L'altra che a casa ha un marito violento e la sua vita privata, penosa, è tutta nel suo sguardo. L'altra ancora, madre di un ragazzo che a casa non comunica e i genitori non sanno come “prenderlo”. C'è la vita vera dietro alle comparse, sono come formiche operose che tutte insieme realizzano il vestito “rosa diamante” e dicono non siamo niente ma siamo tutto. Pare che quelle occupazioni siano necessarie per un reddito e le finzioni della recita siano consolatorie. Un film a tratti divertente e spensierato, a tratti tragico, che mostra la vita vera dietro a delle comparse. Una celebrazione com'è d'uso nei film di Ozpetek.
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francesca meneghetti
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domenica 29 dicembre 2024
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capolavoro? mah?
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#DiamantidiOzpetek
Sarà uno dei must delle feste, l’ultimo film di Ozpetek, Diamanti. Un regista, lo stesso Ozpetek, raduna, in una delle sue affezionate tavolate, 18 attrici italiane, le più famose. Le conduce negli anni ‘70, a ricreare, con ruoli molto diversi, una sartoria di prestigio, specializzata in costumi per teatro e cinema. Grande profusione barocca di stoffe, colori, bottoni, perline, abiti eleganti (per le padrone della sartoria Canova e le loro clienti, mentre le altre sono in grembiule o con outfit non proprio di lusso). Analisi delle dinamiche tra le donne (rapporti di potere, solidarietà, rivalità, ammiccamenti ai maschi che, a vario titolo, entrano nel laboratorio).
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#DiamantidiOzpetek
Sarà uno dei must delle feste, l’ultimo film di Ozpetek, Diamanti. Un regista, lo stesso Ozpetek, raduna, in una delle sue affezionate tavolate, 18 attrici italiane, le più famose. Le conduce negli anni ‘70, a ricreare, con ruoli molto diversi, una sartoria di prestigio, specializzata in costumi per teatro e cinema. Grande profusione barocca di stoffe, colori, bottoni, perline, abiti eleganti (per le padrone della sartoria Canova e le loro clienti, mentre le altre sono in grembiule o con outfit non proprio di lusso). Analisi delle dinamiche tra le donne (rapporti di potere, solidarietà, rivalità, ammiccamenti ai maschi che, a vario titolo, entrano nel laboratorio). Diverse battute apprezzate dalla sala, per bocca di Geppi Cucciari, cui si deve l’espressione vaginodromo per descrivere l’ambiente di lavoro. Qualche crisi che si risolve, in un’aura melodrammatica. Che altro? Un racconto piacevole forse, a tratti noiosetto, non un capolavoro.
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simona proietti
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lunedì 30 dicembre 2024
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autoreferenziale
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Diamanti ? ambientato nei ricchi anni '70, quando i costumi di un film potevano richiedere mesi e mesi di lavoro. Il film si concentra nella famosa sartoria Canova, gestita da 2 sorelle molto diverse tra di loro. Alberta ? rigida e decisa, mentre Gabriella ? pi? sentimentale e melanconica, incapace di gestire un lutto terribile che l'ha colpita 5 anni prima. Tutto ruota intorno agli abiti di scena di costumiste cinematografiche, attrici teatrali, registi, attrici di cinema e delle sarte che preparano questi fantastici abiti. Mani che lavorano sapientemente sulle stoffe pregiate e sentimenti che si intrecciano in maniera impeccabile su una sceneggiatura sinuosa. Come ? stato da pi? parti sottolineato, le attrici di questo film sono state meravigliosamente dirette da Ozpetek, regalandoci delle interpretazioni assolutamente convincenti.
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Diamanti ? ambientato nei ricchi anni '70, quando i costumi di un film potevano richiedere mesi e mesi di lavoro. Il film si concentra nella famosa sartoria Canova, gestita da 2 sorelle molto diverse tra di loro. Alberta ? rigida e decisa, mentre Gabriella ? pi? sentimentale e melanconica, incapace di gestire un lutto terribile che l'ha colpita 5 anni prima. Tutto ruota intorno agli abiti di scena di costumiste cinematografiche, attrici teatrali, registi, attrici di cinema e delle sarte che preparano questi fantastici abiti. Mani che lavorano sapientemente sulle stoffe pregiate e sentimenti che si intrecciano in maniera impeccabile su una sceneggiatura sinuosa. Come ? stato da pi? parti sottolineato, le attrici di questo film sono state meravigliosamente dirette da Ozpetek, regalandoci delle interpretazioni assolutamente convincenti. Ognuna di loro con il proprio carico di dramma, con i problemi di patriarcato ancora molto presente in quegli anni, con figli affetti da depressione adolescenziale, lutti, amori che non arrivano. Tutto molto bello e convincente se non per il plot assolutamente inconsistente e che non appassiona la platea, perch? seppur tra stati emozionali delle loro storie e problematiche - secondarie alla trama principale della sartoria - il difetto maggiore di questo film ? quello di non emozionare e non creare empatia. Ma quello che disturba pesantemente questa pellicola, ? la presenza del regista, questa volta vero e proprio protagonista del film. Difatti il racconto si apre con una sorta di backstage in cui Ozpetek spiega alle attrici (e ai 2 attori) quello che vuole ricostruire nel film. Un backstage opprimente che ritorna pi? volte durante il film e che addirittura va a chiuderlo, con una presenza in Primo Piano lunghissima del regista stesso. Una autoreferenzialit? veramente gratuita, inutile e che appesantisce un film tutto sommato sufficiente, relegandolo a questo punto, sotto la sufficienza.
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gabriella
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mercoledì 25 dicembre 2024
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i diamanti sono le migliori amiche di ozpetek
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Il film di Ferzan Ozpetek è un affresco corale che celebra la donna , il suo ruolo e la sua capacità di resistenza a qualsiasi avversità, con una narrazione densa e stratificata che però ogni tanto rischia di impantanarsi nel prevedibile. La vicenda si svolge in un elegante atelier romano gestito dalle sorelle Canova, Alberta e Gabriella , autoritaria la prima e malinconica l’altra e un numero di dipendenti donne , tutte con una vita privata piuttosto travagliata, c’è chi ha il marito violento, quella con il figlio che non vuole uscire dalla sua stanza, un’altra con un bambino da tirare su da sola perché il compagno l’ha abbandonata, quella che ha una relazione con un ragazzo più giovane, ma sul lavoro trovano una complicità e un legame che le rendono unite e sicure nella reciprocità La sartoria Canova lavora principalmente per il cinema e infatti l’arrivo della costumista premio oscar Bianca Vega mette in agitazione l’intera equipe per delle indicazioni precise e categoriche riguardo un vestito da scena che dev’essere luminiscente e leggero, come la polvere, che deve cadere dalla scalinata assieme a chi lo indossa, barocco ma contemporaneo, così l’abito diventa anch’esso protagonista, attorno al quale le sarte cuciono, disfano, tagliano, aggiungono , tolgono, rinsaldando anche le cuciture dell’animo-.
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Il film di Ferzan Ozpetek è un affresco corale che celebra la donna , il suo ruolo e la sua capacità di resistenza a qualsiasi avversità, con una narrazione densa e stratificata che però ogni tanto rischia di impantanarsi nel prevedibile. La vicenda si svolge in un elegante atelier romano gestito dalle sorelle Canova, Alberta e Gabriella , autoritaria la prima e malinconica l’altra e un numero di dipendenti donne , tutte con una vita privata piuttosto travagliata, c’è chi ha il marito violento, quella con il figlio che non vuole uscire dalla sua stanza, un’altra con un bambino da tirare su da sola perché il compagno l’ha abbandonata, quella che ha una relazione con un ragazzo più giovane, ma sul lavoro trovano una complicità e un legame che le rendono unite e sicure nella reciprocità La sartoria Canova lavora principalmente per il cinema e infatti l’arrivo della costumista premio oscar Bianca Vega mette in agitazione l’intera equipe per delle indicazioni precise e categoriche riguardo un vestito da scena che dev’essere luminiscente e leggero, come la polvere, che deve cadere dalla scalinata assieme a chi lo indossa, barocco ma contemporaneo, così l’abito diventa anch’esso protagonista, attorno al quale le sarte cuciono, disfano, tagliano, aggiungono , tolgono, rinsaldando anche le cuciture dell’animo-. Così come insegna Silvana ,( la cuoca, quella che prepara le pietanze per tutte, con generosità e abbondanza interpretata da una brava e commovente Mara Venier),” nella vita bisogna reagire, non abbozzare”.E così ha imparato Alberta, che dietro una fredda determinazione e distacco , porta ancora le ferite di una delusione d’amore , non ha la stessa forza invece la sorella minore, logorata da un dolore enorme che non se ne vuole andare. Il personaggio di Gabriella mi ricorda quello di Micol Fontana, ( stesso dramma familiare )anch’essa sarta e famosa stilista che insieme alle sorelle ha fondato una prestigiosa casa di moda che ha vestito divi del cinema e dello spettacolo tra gli anni 30 e 70. Dare voce alle donne, in piena libertà ed espressione, avrebbe necessitato di una narrazione più agile, proprio come il vestito da confezionare, lunghi metri di stoffa tutti utilizzati per la creazione perfetta, non così nella ricostruzione dei fatti riguardanti le dipendenti, lunghi strati di umanità che in alcuni casi si concludono in modo grossolano e un po' ingenuo, come quella del figlio chiuso in camera, o la relazione di Lunetta Savino che è un po' posticcia e poco credibile. Luisa Ranieri e Jasmine Trinca brillano meno delle altre per intensità, almeno dal mio punto di vista, anche se ci sono scene molto toccanti, come l’abbraccio tra le due sorelle, convince invece Vanessa Scalera nel ruolo della nevrotica costumista alle prese con un ancor di più collerico regista ( Stefano Accorsi), ma complessivamente il film emoziona , e accoglie , e finisce dove tutto è iniziato, riuniti attorno a una tavola, esagerata, com’è tipico del regista, ma piena di voglia di vivere. e di sorridere.
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nima
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mercoledì 25 dicembre 2024
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diamanti? no, solo vetro colorato.
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Diamanti di Ozpetrk è il classico esempio di un film che vuole dire tutto ma finisce per non dire niente.
La fotografia è ottima, le attrici impeccabili e si guadagnano i plausi. Ma il lavoro del regista?
Un guazzabuglio pretenzioso che accumula temi sensibili come ingredienti di un’insalata mista, senza preoccuparsi di amalgamarli.
Cosa ci offre? L'uomo violento (che non può mai mancare), quello amorevole (per bilanciare), la violenza e l'omicidio, la depressione giovanile come malattia tabù, la sessualità, un amore impossibile, la morte di un figlio, ragazzi giovani con donne mature (perché, guai a non equiparare i cliché! ), donne imprenditrici e forti, donne fragili, la sindrome dell'impostore e diversi altri temi.
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Diamanti di Ozpetrk è il classico esempio di un film che vuole dire tutto ma finisce per non dire niente.
La fotografia è ottima, le attrici impeccabili e si guadagnano i plausi. Ma il lavoro del regista?
Un guazzabuglio pretenzioso che accumula temi sensibili come ingredienti di un’insalata mista, senza preoccuparsi di amalgamarli.
Cosa ci offre? L'uomo violento (che non può mai mancare), quello amorevole (per bilanciare), la violenza e l'omicidio, la depressione giovanile come malattia tabù, la sessualità, un amore impossibile, la morte di un figlio, ragazzi giovani con donne mature (perché, guai a non equiparare i cliché! ), donne imprenditrici e forti, donne fragili, la sindrome dell'impostore e diversi altri temi.
Tanto che mi ha stupito non averci trovato parentesi sull’omosessualità o una riflessione sul razzismo.
Suona pesante?
Nessuna paura! Tutto è ritoccato per risultare gradevole e rassicurante, con finali a lieto fine così forzati da sembrare usciti da un film natalizio.
Ozpetrk voleva celebrare le donne come diamanti e, in parte, ci riesce grazie al talento delle attrici.
Le donne brillano, sì, lui, uomo e regista, no.
Alla fine, Diamanti può piacere a chi è un fan sfegatato di Ozpetrk o a chi, nei cliché da social - quei temi che creano polarizzazione e indignazione, dibattito da bar, affrontato superficialmente e fine a sé stesso - ci sguazza.
Forse Ozpetrk dovrebbe lasciare che siano altri a raccontare queste storie.
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[+] un film meraviglioso
(di licia)
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luciana razete
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venerdì 10 gennaio 2025
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film accattivante ma che scivola nel buonismo
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Molto convincenti le interpretazioni del variegato cast , fotografia smagliante ed ottima ambientazione anni 70 musiche incluse . Sicuramente originale l ‘ espediente di svelare all ‘inizio il percorso creativo del regista che raccoglie le proprie attrici e le poche presenze maschili davanti ad un tavola imbandita ( cucina , cibo e tavole condivise sono un canone sporessivo costante del regista) che diventa il paradigma della dimensione corale del film che vede altri momenti di intensa convivialita ‘ . La presenza del regista non è limitata ad un cameo ma diventa quasi invadente ; un esempio di metacinema in cui Ozpetek vuole celebrare gli operatori silenziosi come i costumisti ( alla fine nella grande sartoria ormai vuota ed in disuso ) ,rendere omaggio alle grandi e compiante interpreti femminili con le quali vorrebbe lavorare ( Melato, Lisi , Vitti ) ed esaltare quell eternità che è l ‘essenza stessa della settima arte che annulla i confini tra la vita e la morte ( messaggio finale di un enigmatica Elena Sofia Ricci ) .
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Molto convincenti le interpretazioni del variegato cast , fotografia smagliante ed ottima ambientazione anni 70 musiche incluse . Sicuramente originale l ‘ espediente di svelare all ‘inizio il percorso creativo del regista che raccoglie le proprie attrici e le poche presenze maschili davanti ad un tavola imbandita ( cucina , cibo e tavole condivise sono un canone sporessivo costante del regista) che diventa il paradigma della dimensione corale del film che vede altri momenti di intensa convivialita ‘ . La presenza del regista non è limitata ad un cameo ma diventa quasi invadente ; un esempio di metacinema in cui Ozpetek vuole celebrare gli operatori silenziosi come i costumisti ( alla fine nella grande sartoria ormai vuota ed in disuso ) ,rendere omaggio alle grandi e compiante interpreti femminili con le quali vorrebbe lavorare ( Melato, Lisi , Vitti ) ed esaltare quell eternità che è l ‘essenza stessa della settima arte che annulla i confini tra la vita e la morte ( messaggio finale di un enigmatica Elena Sofia Ricci ) . Il film però scivola nel buonismo fino a diventare quasi manicheo nel delineare tutte figure femminili assolutamente positive con donne talentose , coraggiose e generose, senza ombre e , di contro, personaggi maschili scialbi , impacciati , irresoluti, quando non aggressivi e violenti ; il marito manesco sparisce , soppresso - si intuisce - dalla moglie che dopo sembra rinascere (il tema ricorda un po’ “ pomodori verdi fritti alla fermata del treno “) . In questa energica sorellanza però i ruoli sembrano appiattiti su cliché un po’ scontati : la mamma single che stenta a mantenere il figlio , la donna in carriera inaridita dalla delusione amorosa , il lutto non elaborato , la moglie maltrattata e che sembrano strizzare l' occhio alle fiction televisive, genere melo’ ; forse non a caso compaiono alcune regine del piccolo schermo . Un film abbastanza accattivante dove forse c è tanto di tutto ( compresi i costumi di scena assolutamente debordanti ) in una miscela non del tutto riuscita e che non regala grandi emozioni
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popa75
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domenica 12 gennaio 2025
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di diamanti, che brillano da soli
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Diamanti è un film che va visto e che racconta, con molta sensibilità, le sfumature dell’essere femminile. Sì, perché la vera protagonista di questo film è la solidarietà femminile, che si tramanda di generazione in generazione, rappresentata metaforicamente dal lavoro sartoriale e dalle vite intrecciate dalle protagoniste - un cast davvero eccezionale - che si muovono, agiscono in coro. Ciascuna di esse è davvero un diamante, che si incastona in modo armonioso nella trama, montata magistralmente da Ferzan Özpetek. Suggestivi, raffinati, ironici e delicati i dialoghi tra le protagoniste, anche quando toccano il dramma della violenza di genere.
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Diamanti è un film che va visto e che racconta, con molta sensibilità, le sfumature dell’essere femminile. Sì, perché la vera protagonista di questo film è la solidarietà femminile, che si tramanda di generazione in generazione, rappresentata metaforicamente dal lavoro sartoriale e dalle vite intrecciate dalle protagoniste - un cast davvero eccezionale - che si muovono, agiscono in coro. Ciascuna di esse è davvero un diamante, che si incastona in modo armonioso nella trama, montata magistralmente da Ferzan Özpetek. Suggestivi, raffinati, ironici e delicati i dialoghi tra le protagoniste, anche quando toccano il dramma della violenza di genere.
Tutto perfetto … ad eccezione, a mio giudizio, del finale. Il film, fino all’ultima scena, è un incanto. Una delicata narrazione femminile che, però, viene bruscamente interrotta, nei minuti finali, quando Ferzan Özpetek sembra rubare la scena, quasi a voler riportare, a sé, i suoi diamanti.
Vero che, con la sua apparizione nel film, Ferzan Özpetek sembra voler fare una delicata dichiarazione di amore nei confronti dei suoi diamanti, le straordinarie protagoniste dei suoi capolavori cinematografici. Sembra voler esprimere ammirazione per quella coralità femminile che non deve essere interrotta e offrire 'alleanza'. Ma, al di là dello schermo, la percezione che si ha, vedendolo apparire, è di una nota un po’ stonata.
Vale nella vita reale e forse dovrebbe valere anche nella finzione filmica: se ci ami davvero, ci devi lasciare andare, libere di essere. Se le protagoniste di questo film sono diamanti puri, allora sono in grado di brillare da sole; brillano già da sole … anche ‘lontano’ da te. E lasciarle andare, lasciarle brillare da sole è già il più grande e generoso gesto di amore che un regista può fare, nei confronti delle bravissime protagoniste del suo film.
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scarlett b. goodborn
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giovedì 16 gennaio 2025
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andiamo al cinema...a chiedere il rimborso
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Fame di cliché? A voi: un'algida e dura padrona di sartoria, con la bocca perennemente a chiulo di gallina, che comanda a suon di schiocchi di dita peggio del diavolo veste Prada; accanto a costei, la più sommessa socia e sorella, maschera di tormento da lutto mai superato, che anche lei non cambia mai espressione; segue un'esile sartina minacciata di morte dal marito violento scontento dei suoi risotti, rivisitazione iperbolica del burino che per hobby menava Cortellesi nell'altro filmone ruffian-femminista; poi c'è la scappata di casa nascosta in atelier, che si diletta nell'estrosa modifica di capi da ultimare e, sgamata dalla boss, sarà.
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Fame di cliché? A voi: un'algida e dura padrona di sartoria, con la bocca perennemente a chiulo di gallina, che comanda a suon di schiocchi di dita peggio del diavolo veste Prada; accanto a costei, la più sommessa socia e sorella, maschera di tormento da lutto mai superato, che anche lei non cambia mai espressione; segue un'esile sartina minacciata di morte dal marito violento scontento dei suoi risotti, rivisitazione iperbolica del burino che per hobby menava Cortellesi nell'altro filmone ruffian-femminista; poi c'è la scappata di casa nascosta in atelier, che si diletta nell'estrosa modifica di capi da ultimare e, sgamata dalla boss, sarà... cacciata? Macchè, assunta al volo per lo straordinario talento; e ancora, la madre single sempre in bolletta ...e non potevano mancare due attrici rivali, una anzianotta di teatro, che snobba il cinema in quanto arte inferiore, e una più giovane, tutta cinema, che si detestano peggio di Eva contro Eva, ma non disperate, nel finale vi soprenderanno! Altro pregio: se vi annoia la coerenza intesa come onesta adesione al reale, alla verità delle cose, pronti! E' il vostro film. Se invece, un po' come la Misery di S. King, v'incazzate per le assurdità presentate come normali nelle pellicole ambientate in contesti verosimili, e v'incazzate di più se qualcuno esclama:"ma su, è un film!", se siete da carogna facile, io vi ho avvisat*. Se di una storia vi annoia la credibilità, dicevamo, ma al contempo ci tenete a che le cose vadano sempre come ci si aspetta, il contrasto, sicuramente voluto, tra la prevedibilità degli accadimenti e la credibilisssima atmosfera rilassata, con tanto di fumatine collettive e pause canterine, è un altro aspetto che apprezzerete svisceratamente. Poche balle, questo è nientemeno che "La vita è bella" in salsa sartoriale, con, al posto del lager, un atelier per cinema e teatro che, già carico di ordini, ne accetta un altro da mission impossibile, perché a una costumista da Oscar mica vuoi dir di no, e non solo non dici no, ma te la prendi pure stracomoda, mica corri su e giù, litighi per lo stress, mangi panini al volo, nooo, c'hai la cuoca e le tavolate... E poi c'è l'ammirevole, anch'esso credibilissimo coraggio delle umili ma cazzute sarte, che prendono iniziative a muzzo anzichè seguire i bozzetti originali, fino a (SPOILE R) creare in una notte, a partire da un misterioso disegno che compare solo verso la fine, al grido di "chissene se non piace al regista basta che piaccia annoi!" L'ABITO DELLA SCENA CLOUX da girare l'indomani, un'impalcatura complicatissima con codazzo di robe che manco Mandrake. Il tutto condito con melensa retorica di solidarietà femminile così in voga nei bei tempi andati, espressa non solo dall'agire delle protagoniste, ma con battute a effetto (es:"non siamo gnenteh, ma siamo tuttoh!") che il regista, innamorato del femminile più di Almodovar in "Tutto su mia madre", non s'accontenta di distribuire ogni 3x2 come perle cariogene, ma ci riappioppa nel finale-dopo-il finale-della-storia, in cui lui in persona, tra il riflessivo e l'ispirato, ripercorre il set vuoto rievocando le suggestioni della straordinaria sceneggiatura. Insomma, gran film
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