eleonora panzeri
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sabato 9 novembre 2024
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quando manca la sostanza ...
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The Substance è un film diretto da Coralie Fargeat, che vede come protagoniste Demi Moore e Margaret Qualley. Racconta la storia di una celebre attrice sulla via del tramonto che, proprio il giorno in cui compie cinquant’anni, viene licenziata. A seguito di questo trauma, la donna ha un incidente d’auto dal quale esce illesa fisicamente ma distrutta psicologicamente. Uno dei medici che la visita intuisce la natura del suo problema e le mette nel cappotto una misteriosa chiavetta USB che promuove l’uso di The Substance, un farmaco rivoluzionario capace di sbloccare il DNA e ricreare una versione migliore di sé stessi. Il film è stato molto pubblicizzato, e il trailer è realizzato in maniera davvero accattivante.
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The Substance è un film diretto da Coralie Fargeat, che vede come protagoniste Demi Moore e Margaret Qualley. Racconta la storia di una celebre attrice sulla via del tramonto che, proprio il giorno in cui compie cinquant’anni, viene licenziata. A seguito di questo trauma, la donna ha un incidente d’auto dal quale esce illesa fisicamente ma distrutta psicologicamente. Uno dei medici che la visita intuisce la natura del suo problema e le mette nel cappotto una misteriosa chiavetta USB che promuove l’uso di The Substance, un farmaco rivoluzionario capace di sbloccare il DNA e ricreare una versione migliore di sé stessi. Il film è stato molto pubblicizzato, e il trailer è realizzato in maniera davvero accattivante. Guardando questa pellicola da un punto di vista logico-razionale, è facile trovarla assurda e allucinante. In un contesto di realismo, nulla di quello che accade qui ha plausibilità: il film sembra l’incubo di un folle, a tratti disgustoso ed eccessivamente splatter. Tuttavia, vista la grande performance recitativa di Demi Moore ed ad alcune sequenze molto incisive, non si può fare a meno di fermarsi a riflettere e guardare alla trama in maniera più metaforica e laterale. In questo modo, il film può acquisire punti e anche una ragione d’essere. Benché per me non sia un capolavoro e non credo che lo rivedrei, il film lancia dei messaggi importanti, i più evidenti contro l’assurdo accanimento sulla bellezza e giovinezza a tutti i costi, imposto prevalentemente al genere femminile per uso e consumo di un volgarissimo, crudele, detestabile e superficiale genere maschile. Oltre a questo, però, c’è anche l’accusa verso le donne di accettare le regole di questo “gioco a perdere,” quando, sebbene non sia possibile cambiare la società, si possono cambiare le proprie priorità. La protagonista, pur avendo vissuto una vita da star, non è riuscita a costruire nulla di concreto (cosa piuttosto insolita, in realtà): non ha né amici né famiglia; l’unica cosa che per lei conta è la fama e l’ammirazione del pubblico. Tuttavia, l’amore della massa è volubile ed effimero, proprio come la bellezza esteriore su cui la protagonista ha basato la sua vita. Pertanto, inseguirla a tutti i costi non può portare a un lieto fine. Non saprei dire se consigliarlo o meno: il messaggio poteva essere veicolato in modi molto diversi, con una trama più plausibile, lineare e con scene meno splatter e disgustose.
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(di the substance26)
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geggino
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lunedì 18 novembre 2024
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buona l''idea ma si perde nel femminismo
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Il film parte da premesse interessanti, con l'intento di comunicare un messaggio già ampiamente discusso altrove, ma riesce a farlo solo in parte. Purtroppo, il risultato finale è penalizzato da alcune scelte narrative discutibili: un eccesso di femminismo forzato, che appare quasi caricaturale, e un finale splatter che finisce per suscitare più ilarità che tensione.
La protagonista, in una delle poche occasioni in cui la vediamo interagire con il "mondo reale" (rappresentato da un vicino di casa), si mostra disponibile e seducente. Quando però l'uomo risponde al suo atteggiamento, viene immediatamente ridicolizzato. Situazione simile accade con l’ex compagno di classe, presentato come uno stereotipo del "perdente", il classico uomo ignorato da tutte le donne.
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Il film parte da premesse interessanti, con l'intento di comunicare un messaggio già ampiamente discusso altrove, ma riesce a farlo solo in parte. Purtroppo, il risultato finale è penalizzato da alcune scelte narrative discutibili: un eccesso di femminismo forzato, che appare quasi caricaturale, e un finale splatter che finisce per suscitare più ilarità che tensione.
La protagonista, in una delle poche occasioni in cui la vediamo interagire con il "mondo reale" (rappresentato da un vicino di casa), si mostra disponibile e seducente. Quando però l'uomo risponde al suo atteggiamento, viene immediatamente ridicolizzato. Situazione simile accade con l’ex compagno di classe, presentato come uno stereotipo del "perdente", il classico uomo ignorato da tutte le donne. Quest'ultimo torna utile alla protagonista solo in un momento di disperazione, ma il tentativo di instaurare un rapporto si conclude rapidamente in un nulla di fatto.
Spoiler: il giovane infermiere, pur essendo un personaggio attraente e avendo anch'egli utilizzato il misterioso siero, non riesce in alcun modo a suscitare interesse nella protagonista. Questo sembra ribadire un'idea di femminismo esasperato e poco sfumato, che permea gran parte della trama, finendo per appesantire il messaggio complessivo.
Le interazioni sociali della protagonista si limitano a queste due brevi situazioni, il che rende difficile comprendere il suo isolamento. Viene spontaneo chiedersi come sia possibile che non abbia amici, vicini o conoscenti che vadano a trovarla, o che non abbia relazioni significative con nessuno. È un aspetto che mina la credibilità del personaggio e del contesto, ma il film non offre spiegazioni, preferendo concentrarsi su azione, horror e sequenze scioccanti piuttosto che sulla costruzione di una trama solida e coerente.
Sin dall'inizio, ci sono elementi poco credibili che interrompono la sospensione dell'incredulità: la protagonista, ad esempio, appare dal nulla senza documenti e viene immediatamente assunta in televisione solo per la sua giovinezza e bellezza. La mancanza di relazioni sociali significative impedisce inoltre di esplorare appieno il suo conflitto interiore, che emerge solo in modo superficiale, limitato alla difficoltà di accettare la dualità tra la sua "vecchia" e "giovane" identità. Questo tema avrebbe potuto essere approfondito con maggiore cura, ma il film preferisce virare verso il genere splatter, sacrificando ogni potenziale riflessione psicologica o sociale.
Man mano che la narrazione prosegue, il film si trasforma in un horror splatter puro, abbandonando quasi completamente il tentativo di essere metaforico o realistico. Questo spostamento di tono rende superfluo porsi domande più profonde, ma alcune rimangono inevitabilmente in sospeso: chi produce il misterioso siero? Per quale motivo? Come è possibile che nessuno si accorga degli eventi drammatici che accadono nella casa della protagonista? Questi interrogativi, e molti altri, restano senza risposta, rendendo difficile un coinvolgimento emotivo o intellettuale.
Chi è appassionato del genere horror potrebbe comunque trovare degli elementi di interesse nel film, ma anche in questo contesto il finale risulta ridicolo e poco convincente. Le numerose lacune narrative e la carenza di coerenza interna non permettono di immergersi pienamente nella storia. L'opera tenta di collegarsi a temi attuali, come l’ossessione per la giovinezza e la bellezza, particolarmente nel mondo dello spettacolo e in alcuni settori lavorativi. Tuttavia, il contesto presentato è talmente povero di dettagli realistici che la critica sociale perde forza, risultando troppo frammentata per lasciare un segno.
In sintesi, il film parte con buone intenzioni ma non riesce a bilanciare i suoi elementi narrativi e tematici. L'eccessiva attenzione a scene d'impatto visivo, unite a un femminismo poco raffinato e una scarsa coerenza narrativa, lo rendono un prodotto che delude sia chi cerca un horror ben costruito sia chi spera in una riflessione più profonda sulla società.
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eugenio
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giovedì 5 dicembre 2024
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il mito horror dell’eterna giovinezza
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Due donne, Elizabeth e Sue, due volti della stessa realtà, nate da un patto col diavolo. “The substance” esplora null'altro che il desiderio umano di riavvolgere il tempo e vivere ciò che sembra essere sfuggito di mano, come certi interventi di botulino finiti male oggigiorno ci insegnano.
Il film è grottesco, splatter, volutamente violento, tronfio e barocca; indaga la società odierna, che esalta la giovinezza e spesso giudica severamente l'invecchiamento come malattia.
I due volti della stessa donna, non potranno che collassare in una lotta intestina mortale per prevalere l’una, la giovane, sull'altra, l'anziana progenitrice.
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Due donne, Elizabeth e Sue, due volti della stessa realtà, nate da un patto col diavolo. “The substance” esplora null'altro che il desiderio umano di riavvolgere il tempo e vivere ciò che sembra essere sfuggito di mano, come certi interventi di botulino finiti male oggigiorno ci insegnano.
Il film è grottesco, splatter, volutamente violento, tronfio e barocca; indaga la società odierna, che esalta la giovinezza e spesso giudica severamente l'invecchiamento come malattia.
I due volti della stessa donna, non potranno che collassare in una lotta intestina mortale per prevalere l’una, la giovane, sull'altra, l'anziana progenitrice. Demi Moore interpreta con grande intensità e presa di conoscenza, un personaggio diviso tra accettazione e rifiuto di sé e Margaret Qualley le rende testa con sagacia. Furioso contro la mascolinità tossica, la pellicola horror si perde in un finale introiettato e in una lunghezza eccessiva, superiore alle due ore, capace comunque di mantenere una buona dose di tensione con immagini disturbanti.
Ma "La morte ti fa bella" resta miraggio. Furbo compito GEN Z.
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lunedì 9 dicembre 2024
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forse tanta roba per niente
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Elizabeth Sparkle, ex star del cinema da tempo obliata dallo showbiz, ricicla la propria avvenenza in una seconda pelle in lycra promulgando i vantaggi di un’aerobica coreutica televisiva decisamente soigné.
Sebbene graziata da una genetica ottriata, Harvey, il trimalcionico presidente del network, nonostante l’appagante tenitura dello show emenda brutalmente dal palinsesto la professionista colpevolizzandola di aver appena inopportunamente spento cinquanta candeline. Ed è con tale empietà che irrompe l´exploiting della figura di potere, figura cui l’ethos fonda sulla celebrazione e sulla mercificazione delle giovani curve basaltiche e desiderabili vox populi.
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Elizabeth Sparkle, ex star del cinema da tempo obliata dallo showbiz, ricicla la propria avvenenza in una seconda pelle in lycra promulgando i vantaggi di un’aerobica coreutica televisiva decisamente soigné.
Sebbene graziata da una genetica ottriata, Harvey, il trimalcionico presidente del network, nonostante l’appagante tenitura dello show emenda brutalmente dal palinsesto la professionista colpevolizzandola di aver appena inopportunamente spento cinquanta candeline. Ed è con tale empietà che irrompe l´exploiting della figura di potere, figura cui l’ethos fonda sulla celebrazione e sulla mercificazione delle giovani curve basaltiche e desiderabili vox populi.Siamo dinanzi a un classico topos ageista, attraverso cui il modesto viatico culturale del virilismo convenzionale, decreta l’avvento della condizione inseducibile o comunemente detta inchiavabile. Una parabola vitale discendente la cui branca muliebre al limine della propria spendibilità estetica e sessuale deve farne contezza accettandone la torva immanenza.
Il fato designa alla radiosa Sparkle il taumaturgico incontro con The Substance. Un impiastro rivoluzionario anti-aging non certamente galenico, posologicamente consistente in iterate endovenose di un farmaco assicuratore di ringiovanimento. La prima inoculazione darà partenogeneticamente luogo all’irriferibile parto spinale di Sue, il doppelgänger di Elizabeth, venticinquenne dal volto florido e venusto sostenuto da una complessione egregiamente tonica che si rivelerà un’ottima sostituta alla conduzione del programma di fitness del quale la cassata Sparkle ne fu dapprima titolare.
Il film zuma pervicacemente sulla cruda teatralità degli step granguilogneschi attraverso i quali si materializza questo sorta di “duplicato” che permetterà alla coscienza di Elizabeth, a settimane alterne, di farsi sinolo della fresca e levigata corporeità del suo venereo simulacro. Simulacro avido di successo e riconoscimento e che, come la sua matrice, rimarrà altrettanto dormiente per una settimana a favore dello spettante agire settimanale dell’ex attrice cinquantenne.Liofilizzando gli innumerevoli e complessi processi performanti, la patogenesi del protratto sinaptare innescherà una mutualità persecutoria impastata di gelosie, odii e competizioni, inoltrando l´unitarietà delle due entità al reboante epilogo splatterone cronenberghiano.
Coralie Farget, sembrerebbe aver creato un sudario di celluloide da deporre sui corpi di quella frangia femminina inarrendevole, strenuamente impegnata contro le inutili battaglie con uno specchio che a tempo debito annulla impietosamente il compiacere l’immagine in esso riflessa.
Visto sotto un’angolatura ermeneutica forse provocatoria, The substance si potrebbe interpretare come un manifesto indiziariamente antifemminista dato la risibile perculazione che emerge dal film e che va ad investire una torma dell’altra metà del cielo patologicamente infatuata della sola immagine di sé. Fatto che, involontariamente, gratifica l’atavico livore dell’universo incel, oltremodo molestando sottotraccia il wokeness imperante con tutte le sue orrifiche propaggini mistificatorie.
Nonostante la regista abbia assemblato un cast particolarmente ispirato, per taluni spettatori sarà plausibile opinare che, se a questo tragico & grottesco lungometraggio - dazebao del narcisismo covert delle martiri del “forever young”- venissero rimossi l´insistenza degli oscarizzanti virtuosismi prostetici, l´ammaliante ipersaturazione dei cromatismi, il graffiante erotismo rifratto nella polita nudità dei corpi, gli environment losangelini supercool, ebbene verremo rapiti da un “punctum” già profondamente metabolizzato dalla normata estetica maschile supremamente ineducata e manierista. Trattasi di una fetta antropologica percettologicamente defettibile, la quale, in modo surrettizio, vieta alla Donna la raggiungibilità dell’ontoso, inestetico stato senile, affrancandola a una nutrizione di pietanze chimiche, esercizi callistenici massacranti, bisturi egemonizzanti al mero fine di allinearsi ai paradigmi canonizzati indicati dal grossolano genere maschile.
L’immaginifico pastiche citazionistico cosparso nel curioso body horror della cineasta francese, è tutto sommato un assieme che esalta e nel contempo denuncia a tuttotondo l’oggettificazione sessualizzata della donna divenuta un prodotto sociologico totalmente ossificatosi nel tessuto sociale.
Lo spettatore, infine, sniderà facilmente la timida irrisione all’ineludibile nemico chiamato invecchiamento, scaturigine di un quadro clinico fortemente turbativo permeante i soggetti adiacenti al temutissimo crepuscolo, ovverosia il capolinea del godimento della prestanza e della bellezza gratuita.
E il diktat rimane immutato: congelare il piú a lungo possibile beltà e giovinezza, anche a rischio di perdere la vita per mano di un filler malestro.
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luca percival
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giovedì 26 dicembre 2024
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l'insostenibile leggerezza dell'inesistenza
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Armonicamente esagerato, tanto equilibrato e supino alla sua fonte, quanto brutale e gore nella sua conclusione. Dovessimo prendere il primo e l'ultimo quarto di film, porli a confronto e osservarli, non saremmo in grado di immaginare autonomamente la parte centrale e lo svolgimento.. Come ci siamo arrivati a cos? tanta truculenza?. Ebbene, Coralie Fargeat ? tutt'altro che neofita nella messa in scena violenta e senza filtri - "Revenge" ? stato anch'esso un film chiacchierato e improntato su tematiche impegnative, dove la capace Matilda Lutz nei panni della final girl di turno, non si risparmia per ottenere la sua vendetta. Allo stesso modo in "The Substance" la coppia Moore e Qualley interpretano vendetta, aspirazione e utilizzano le maniere forti per ottenere ci? che desiderano.
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Armonicamente esagerato, tanto equilibrato e supino alla sua fonte, quanto brutale e gore nella sua conclusione. Dovessimo prendere il primo e l'ultimo quarto di film, porli a confronto e osservarli, non saremmo in grado di immaginare autonomamente la parte centrale e lo svolgimento.. Come ci siamo arrivati a cos? tanta truculenza?. Ebbene, Coralie Fargeat ? tutt'altro che neofita nella messa in scena violenta e senza filtri - "Revenge" ? stato anch'esso un film chiacchierato e improntato su tematiche impegnative, dove la capace Matilda Lutz nei panni della final girl di turno, non si risparmia per ottenere la sua vendetta. Allo stesso modo in "The Substance" la coppia Moore e Qualley interpretano vendetta, aspirazione e utilizzano le maniere forti per ottenere ci? che desiderano. C'? un filo conduttore interessante nelle opere della Fargeat alla quale senz'altro, va concesso molto pi? spazio. Tornando a noi e al film in questione: si rivela essere un meraviglioso dramma che sconfina nel body horror pi? grottesco, toccando varie punte di gore e evitando qualsiasi tipo di filtro. Nonostante ci?, nelle numerose scene scabrose all'interno del film, la pi? toccante e drammaticamente saliente, ? quella in cui Demi Moore torna costantemente allo specchio prima di un appuntamento con un uomo - insoddisfatta di s? stessa si disfa e ricompone il trucco innumerevoli volte e detestandosi infine, abiura in favore di una serata in casa nella totale depressione e solitudine. D'impatto, triste e madre di molte riflessioni. La sceneggiatura chiaramente si prende dei larghi notevoli, il che ci porta ad assistere a momenti totalmente surreali o poco credibili, ma qui e in pochi altri casi, non sono davvero le cose che contano. La "sostanza" in fin dei conti, altro non ? che l'amarsi, l'apprezzarsi per ci? che si ?, l'essere amati perch? appunto ci si ama in primis - niente palcoscenici o finti apprezzamenti, niente visi marmorei a sfida della perfezione, nossignore. La regista ? abile nell'improntare il messaggio con grande perizia e costruire un finale clamorosamente stonato e sopra le righe, come tutto sommato coerente con la narrazione e con la lenta discesa della/e protagonista/e, instancabilmente alla ricerca utopica dell'inesistenza.
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pasquale
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domenica 17 novembre 2024
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tanti fatti, poche parole
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Finalmente cinema. The substance narra la sua storia tramite quasi esclusivamente immagini forti, sequenze ben montate, effetti sonori acuti, intelligenti e presenti. La colonna sonora é li che fa il suo lavoro. Ultimo ma non per importanza, l'interpretazione delle protagoniste, che hanno fatto a detta mia un bel lavoro. La sceneggiatura é tutta la, dialoghi quasi assenti per lasciare spazio alla vera forza di questa pellicola che, nonostante questo, ha un ritmo molto sostenuto per quasi tutta la propria durata. Poche volte mi é capitato ultimamente di rimanere a guardare un film "solo" per questi aspetti. Un genere un po' a se, non per tutti per vari motivi, che parte con un tema importante, per poi sfociare in una direzione a cui non interessa approfondire.
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Finalmente cinema. The substance narra la sua storia tramite quasi esclusivamente immagini forti, sequenze ben montate, effetti sonori acuti, intelligenti e presenti. La colonna sonora é li che fa il suo lavoro. Ultimo ma non per importanza, l'interpretazione delle protagoniste, che hanno fatto a detta mia un bel lavoro. La sceneggiatura é tutta la, dialoghi quasi assenti per lasciare spazio alla vera forza di questa pellicola che, nonostante questo, ha un ritmo molto sostenuto per quasi tutta la propria durata. Poche volte mi é capitato ultimamente di rimanere a guardare un film "solo" per questi aspetti. Un genere un po' a se, non per tutti per vari motivi, che parte con un tema importante, per poi sfociare in una direzione a cui non interessa approfondire. Bellissimo spettacolo per tutti i 140 minuti.
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