antonio montefalcone
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mercoledì 15 gennaio 2025
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una struggente meditazione sul tempo che passa
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Basata sull'omonima graphic novel del 2014 di Richard McGuire, "Here", l’ultima fatica di Robert Zemeckis, è un’esperienza cinematografica immersiva, e un affascinante flusso ininterrotto di immagini in sé godibili.
Dopo 30 anni vediamo felicemente riuniti in “Here” la stessa troupe che fece il successo di “Forrest Gump”: Zemeckis alla regia, Eric Roth alla sceneggiatura, Don Burgess alla fotografia, Alan Silvestri alla colonna sonora, Tom Hanks e Robin Wright nei ruoli principali, Randy Thom al suono e Joanna Johnston ai costumi.
Interamente realizzato da un unico punto di vista (un’inquadratura unica e fissa per l’intera durata del film) quello di un piccolo lembo di terra, “Here” mostra tutto quello che si avvicenda intorno a quel medesimo punto in milioni di anni.
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Basata sull'omonima graphic novel del 2014 di Richard McGuire, "Here", l’ultima fatica di Robert Zemeckis, è un’esperienza cinematografica immersiva, e un affascinante flusso ininterrotto di immagini in sé godibili.
Dopo 30 anni vediamo felicemente riuniti in “Here” la stessa troupe che fece il successo di “Forrest Gump”: Zemeckis alla regia, Eric Roth alla sceneggiatura, Don Burgess alla fotografia, Alan Silvestri alla colonna sonora, Tom Hanks e Robin Wright nei ruoli principali, Randy Thom al suono e Joanna Johnston ai costumi.
Interamente realizzato da un unico punto di vista (un’inquadratura unica e fissa per l’intera durata del film) quello di un piccolo lembo di terra, “Here” mostra tutto quello che si avvicenda intorno a quel medesimo punto in milioni di anni. Una coesistenza di momenti diversi, come se sovrapposti l’uno sull’altro e che visti in prospettiva creano l’esperienza dello spazio. Si passa dall’era dei dinosauri a Benjamin Franklin, dall’epoca del popolo indigeno Lenni-Lenape ad alcuni avvenimenti che hanno segnato l’America nel XX secolo. La maggior parte della pellicola invece si ambienta all’interno di una casa dove si (sus)seguono le vite dei suoi inquilini (John Harter e la moglie Pauline; la coppia Leo e Stella Beekman; Devon e Helen Harris; e soprattutto la famiglia Young – quella col personaggio di Tom Hanks a cui si unirà Robin Wright – dal dopoguerra agli anni 2000, dalla generazione dei genitori fino a quella dei nipoti).
“Here” ci riporta agli albori del Cinema quando non era ancora stato inventato il linguaggio del montaggio, però al contempo ci lancia verso il futuro in un territorio inesplorato dove la struttura narrativa è sapientemente modellata da un complesso uso del montaggio: un montaggio elaborato che, tra alternanze temporali, posizione e movimenti degli attori all’interno dell’unica ambientazione, riquadri che si aprono per mostrare momenti di epoche diverse, precisa gestione della profondità di campo e della messa a fuoco, coinvolge lo spettatore in un’insolita esperienza visivamente stimolante, magnetica ed eccitante. E’ dunque un approccio registico che privilegia sicuramente l’innovazione visiva, ma che sa restare fedele sia all’impostazione della graphic novel su cui si basa, sia all’anima della pellicola – perché la sua bellezza estetica e stilistica non va mai a discapito del cuore pulsante di ciò che vuol esprimere a livello narrativo, concettuale o connotativo l’opera stessa.
La vicenda di Margaret e Richard (la parte più corposa e significativa dell’intera pellicola) è quella che meglio rappresenta il fluire del Tempo e i suoi effetti sui personaggi; ed è quella fatta soprattutto di delusioni e di aspettative tradite. E’ la più ordinaria e la più universale delle vicende umane (per il susseguirsi naturale di nascite, morti, amori, gioie e dolori, con la quotidianità, le fatiche, i successi e le sconfitte di ognuno); carica di momenti interscambiabili, di malinconia e dolcezza, di difficoltà e inadeguatezze. La più commovente, la più riflessiva di tutta l’opera.
L’esistenza di Richard e Margaret rimanda inevitabilmente anche alla travagliata storia della società americana durante il XX secolo, raccontata nella sua evoluzione e nella sua involuzione. Un Paese considerato la più grande potenza del mondo, terra di promesse, aspettative ed opportunità per chiunque avesse progetti, ambizioni e tanta determinazione; che però nella seconda parte del secolo ha visto perdere le proprie potenzialità.
Cambiano epoche, personaggi, oggetti e arredamenti, ma le essenze delle storie rimangono le stesse, (perché) l’Uomo rimane lo stesso.
“Here” è certamente la celebrazione della vita tutta, di ciò che è umano e animale; è persino una lirica dell’inumano e dell’inanimato; però ha comunque in sé un’anima profondamente umanistica. Il destino dell’essere umano e il suo agire nel tempo e nello spazio, viene sempre visto sotto una lente speciale: attraverso il tema universale che tutto passa, Il film diventa una struggente meditazione sulla mortalità, sulla caducità delle cose umane, sulla finitudine dell’Uomo.
L’opera cattura l'esperienza umana nella sua forma più pura pur nella consapevolezza dell’inafferrabilità dei vari momenti, anzi, è proprio questa inafferrabilità dell’istante, questo camminare in bilico tra memoria e oblio, che si vuol esprimere. E invitare a valorizzare ogni attimo che ci è stato concesso.
Bisogna vivere il più intensamente e pienamente possibile il nostro esistere qui e ora. Una cosa ovvia e scontata certamente, ma anche la più vera, la più difficile da concretizzare, e la più procrastinata dall’essere umano.
In conclusione, “Here” è cinema allo stato puro. Un’opera poetica che ci fa assaporare la gioia di esistere e di essere ancora vivi; l’incanto nel contemplare la meraviglia e il mistero prezioso di tutto il Creato; e soprattutto il piacere di saperci ospiti, seppur per breve tempo, di un minuscolo pianeta sperduto nell’immensità dell’universo, la nostra casa, la cui finestra si apre sul cosmo. Che incommensurabile e preziosa fortuna essere (stati/ancora) qui…
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ivan il matto
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sabato 11 gennaio 2025
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stanze di vita quotidiana
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Eterno ritorno o flusso di coscienza?! Quale dei due espedienti narrativi avrà privilegiato Robert Zemeckis nel mettere in scena, in un film, la graphic novel di Richard Mc Guire del 1989 dal titolo omonimo, cioè “Here”? In effetti entrambi! Perché se da un lato il regista di Chicago decide di puntare la macchina da presa fissa su un angolo di mondo, seguendone tutte le trasformazioni, dai dinosauri all’arrivo del covid; dall’altro, sempre in quel luogo, diventato nel frattempo lo spazioso salotto di una casa elegante, si alterneranno, saltando da un decennio all’altro (ma anche da un secolo all’altro), senza una logica apparente, come in un flusso di coscienza, le numerose e dissimili storie delle persone che lo abiteranno, che lo vivranno.
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Eterno ritorno o flusso di coscienza?! Quale dei due espedienti narrativi avrà privilegiato Robert Zemeckis nel mettere in scena, in un film, la graphic novel di Richard Mc Guire del 1989 dal titolo omonimo, cioè “Here”? In effetti entrambi! Perché se da un lato il regista di Chicago decide di puntare la macchina da presa fissa su un angolo di mondo, seguendone tutte le trasformazioni, dai dinosauri all’arrivo del covid; dall’altro, sempre in quel luogo, diventato nel frattempo lo spazioso salotto di una casa elegante, si alterneranno, saltando da un decennio all’altro (ma anche da un secolo all’altro), senza una logica apparente, come in un flusso di coscienza, le numerose e dissimili storie delle persone che lo abiteranno, che lo vivranno. In questo lembo speciale del pianeta, da qualche parte negli USA, le loro vite si intrecciano e la storia si dispiega attraverso le generazioni, rivelando con delicatezza l’intimità più recondita di chissà quanti nuclei familiari. Una canzone ascoltata in radio, una pubblicità televisiva, l’irruzione degli elettrodomestici più disparati, l’arredamento del famigerato salotto, lo stesso abbigliamento dei vari protagonisti nel corso del tempo come il linguaggio adottato, designano un’epoca, un universo mentale, una tendenza. La comparsa, ad esempio, in quel luogo, di persone munite di mascherina, benché non pronuncino una sola battuta, ci mette nella condizione di capire immediatamente il quando e il cosa di quell’inquadratura. A 30 anni esatti dal sette volte premio Oscar “Forrest Gump” e a quasi 40 dal precedente “Ritorno al futuro”, con i suoi 2 sequel, il regista a stelle e strisce, forse, più titolato a cimentarsi in riflessioni che abbiano il tempo come campo d’indagine, si ripropone, trovando il coraggio (stiamo parlando di 104’ di camera fissa) di rendere protagonista un personaggio inaspettato: la casa stessa! Ovvero quello spazio vivo e di ‘respiro’, attraversato da diverse generazioni lungo 5 secoli di storia. Di più, egli riesce a riproporre la stessa ‘formazione’ di Forrest Gump, con Tom Hanks e Robin Wright ringiovaniti dalle tecniche digitali previste dall’intelligenza artificiale, insieme al medesimo sceneggiatore Eric Roth. “Qui” è ieri come oggi, con la pretesa di diventare sempre; un unico racconto composto da momenti incastrati, sovrapposti, intrecciati, abitati da personaggi che sembrano dipinti da Edward Hopper, nella stilizzazione della computer grafica. Per chiosare Gino Paoli nel 1960, la stanza di “Here” non ha più pareti…. ma soltanto secoli; così spazio e tempo procedono interconnessi, così come Kant ce li aveva consegnati nella “Ragion pura” alla fine del ‘700…..ancora scorribande temporali?!
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gabriella
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lunedì 27 gennaio 2025
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picture in picture
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Un salotto e una finestra centrale è la cornice la cui tela rappresenta un’umanità e una società in evoluzione nel corso dei secoli, dall’alba del mondo ai giorni nostri, tramite lo sguardo di una telecamera fissa che diventa il nostro sguardo, il nostro punto di osservazione, eliminando il fuoricampo che rappresenta il cardine delle occasioni mancate. Attraverso le varie epoche americane, che poi sono lo specchio dei protagonisti, le persone che di volta in volta abitano la casa, dall’aviatore, all’inventore, alla famiglia afroamericana, pezzi di storia che si accavallano come si accavallano gli inquilini della casa, che si concentreranno maggiormente sulle figure di Richard e Margaret ( Tom Hanks e Robin Wright), che vivranno in quella casa giovanissimi sposi e felici genitori di una bambina, c’è la vita che scorre tra le pareti domestiche e sul volto degli interpreti , con l’uso del de aging digitale, c’è l’aggancio tra lo spazio e il tempo, un elemento circolare che si ripete pur nelle sue sfaccettature e diversità.
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Un salotto e una finestra centrale è la cornice la cui tela rappresenta un’umanità e una società in evoluzione nel corso dei secoli, dall’alba del mondo ai giorni nostri, tramite lo sguardo di una telecamera fissa che diventa il nostro sguardo, il nostro punto di osservazione, eliminando il fuoricampo che rappresenta il cardine delle occasioni mancate. Attraverso le varie epoche americane, che poi sono lo specchio dei protagonisti, le persone che di volta in volta abitano la casa, dall’aviatore, all’inventore, alla famiglia afroamericana, pezzi di storia che si accavallano come si accavallano gli inquilini della casa, che si concentreranno maggiormente sulle figure di Richard e Margaret ( Tom Hanks e Robin Wright), che vivranno in quella casa giovanissimi sposi e felici genitori di una bambina, c’è la vita che scorre tra le pareti domestiche e sul volto degli interpreti , con l’uso del de aging digitale, c’è l’aggancio tra lo spazio e il tempo, un elemento circolare che si ripete pur nelle sue sfaccettature e diversità. C’è l’esistenza, i sentimenti che anche quelli cambiano e si modificano, il bisogno di uno spazio proprio, la delusione per non avere esaudito e riposto i sogni giovanili, anche qui, la storia che si ripete e si tramanda da padre e figlio, la concretezza, la mancanza di coraggio, la trappola delle abitudini, le necessità cui farsi carico, gli amori che cessano di respirare, il declino, la malattia, la vecchiaia, la casa che torna a essere luogo per riconoscersi. Il film di Zemeckis è sicuramente più visivo che descrittivo, confesso che non amo particolarmente le tecniche digitali, e l’uso dell’intelligenza artificiale, rende un po' artificioso il risultato, ma riconosco che emoziona e coinvolge, è il volto dell’America e di un sogno promesso e non mantenuto.
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