ralphscott
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venerdì 24 gennaio 2025
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ma sara'' vero ?
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Sarà vero che è morta per tornare a cantare ? Certo, i farmaci assunti erano molti. Trovo la diva vista dai (e con) i domestici la parte più interessante del film che, in certi frangenti, mi ha annoiato. Dramma eseguito con professionalità, poteva tuttavia esser più coinvolgente concedendo più spazio al melò.
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vale72
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mercoledì 22 gennaio 2025
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bel film
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un gran bel film, curato e coinvoogente. Peccato per i ruoli degli aatori italiani abbastanza insignificanti
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antonio garganese
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martedì 21 gennaio 2025
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una callas di troppo
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Un altro film musicale (“Maria”, ossia la Divina).
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Un altro film musicale (“Maria”, ossia la Divina). Ma è poi una pellicola musicale? Ci spiega l’arte dei suoni, i misteri, le ascese al Cielo, le distorsioni della Musa sia pure attraverso una vita? Macché. E’ l’ennesimo prodotto in celluloide dei tempi nostri che ti imbarazza nel parlarne, perché non puoi dire che sia brutto, ma nemmeno profondamente bello, malgrado l’enfatizzazione del grande schermo, la patinata ed apparentemente autentica (ma molto falsa) interpretazione dell’attrice protagonista.
Angelina Jolie: sì sì, bella-anche più dell’originale-e brava, disegna-per le cure dello sceneggiatore e del regista d’una produzione che mira essenzialmente alle vendite e promozioni in sede di concorsi più che ad un minimo di credibilità nel filmico-disegna dunque una Callas sopra le righe, sofisticatissima dieci volte oltre quella reale. Basta confrontarla visivamente con gli estremi spezzoni in coda, da lacerti di documentari televisivi e 8 mm.
Tripudio estetizzante spesso, talvolta prolisso (ma meno del “Bernstein”, anche se abbastanza inutile come quello), chiede allo spettatore di conoscere bene la vera storia della cantante-donna-artista, per non restare fregati come un critico sagace quale Alberto Crespi ha scritto lapidariamente. Ma chi conosce davvero la reale vicenda terrena, quotidiana ed intima del grande soprano? Basta setacciare Youtube e sentire (risentire!) le accorate memorie di questo o quello (Zeffirelli, la Simionato…) per sapere infine meno di prima, per aggiungere confusione su incertezze e nel film di Larraín di congèrie ne abbondano.
Resta ovviamente tutto il resto. Ossia la necessità, l’opportunità di un film del genere, e delle vacuità callassiane 2023 (Augias in testa in TV, convegni poi e ancora e ancora) nell'anno della memoria.
Ad un certo punto del film vien fatto dire ad Angelina-Callas all’incirca (cito a memoria): “Non ascolto i (miei) dischi. I (miei) dischi sono perfetti. Ma sono sempre uguali. Invece è in teatro il momento giusto, preciso perché sempre diverso”.
Ma per aver ascoltato e visto (!) la Callas nel momento del suo fulgore bisogna essere nati non oltre il 1935, avendo dunque vent’anni (età giusta per essere un melomane di loggione) nel 1955 quando-per dire-lei era Violetta , Norma o Lucia. Chi è nato quell’anno però oggi potrebbe non esserci più, anzi ha raggiunto da un pezzo la Divina nell’alto dei Cieli. Tutti gli altri debbono fare riferimento ai dischi deprecati (giustamente) da Maria. Puoi parlare e giudicare di Napoleone o Hitler sulla base dei documenti e testimonianze; puoi parlare e giudicare di Verdi o Puccini perché la musica la trovi sulle partiture e dal 1900 su un surrogato quale è il fonografo. Ma la Callas (e altri ovviamente) devi averla vissuta nei teatri in contemporanea. La musicista Callas, non altro, ché tutta l’aneddotica (l’armatore greco, i cagnolini, le omelette…) sono fuffa. Ovviamente poi nel film di musica ne senti poca, male e alterata.
E paccottiglia sono o rischiano di essere tante cose di questo abbastanza scipito, triste, persino seccante film. I falsi ma “veri” brani di filmati della Divina rifatti ad arte che martellano i 124 minuti di durata complessiva, le scene nei teatri autentici come la Scala, con ombre vere ma false, i sette mesi impiegati da Jolie ad imparare il canto per doppiare i brani della Callas (tutti i brani sono cantati anche da lei, a volte coperti dalla voce della Callas, altre solo intervallati: vedi le prove col pianista, cfr. Maurizio Porro), gli anda e rianda del sedulo Ferruccio-Favinio che sposta il coda nell’appartamento parigino, la grulla governante e critica forzata Bruna-Rohrwacher, il finto documentarista-terapeuta che ha lo stesso nome del farmaco letale, l’humor inglese disseminato dal dialoghista Steven Knight, il più che deformato Onassis, il film nel film, i flashback in bianco e nero, la Callas tratteggiata ahimé un po’ matta di suo e un po’ per posa e si potrebbe continuare a lungo.
“Maria” alla fine è un film non musicale, non biografico e quasi non drammatico, piuttosto un’operetta. E francamente l’operetta non calza a Maria.
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antonio garganese
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martedì 21 gennaio 2025
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una callas di troppo
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Un altro film musicale (“Maria”, ossia la Divina). Ma è poi una pellicola musicale? Ci spiega l’arte dei suoni, i misteri, le ascese al Cielo, le distorsioni della Musa sia pure attraverso una vita? Macché.
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Un altro film musicale (“Maria”, ossia la Divina). Ma è poi una pellicola musicale? Ci spiega l’arte dei suoni, i misteri, le ascese al Cielo, le distorsioni della Musa sia pure attraverso una vita? Macché. E’ l’ennesimo prodotto in celluloide dei tempi nostri che ti imbarazza nel parlarne, perché non puoi dire che sia brutto, ma nemmeno profondamente bello, malgrado l’enfatizzazione del grande schermo, la patinata ed apparentemente autentica (ma molto falsa) interpretazione dell’attrice protagonista.
Angelina Jolie: sì sì, bella-anche più dell’originale-e brava, disegna-per le cure dello sceneggiatore e del regista d’una produzione che mira essenzialmente alle vendite e promozioni in sede di concorsi più che ad un minimo di credibilità nel filmico-disegna dunque una Callas sopra le righe, sofisticatissima dieci volte oltre quella reale. Basta confrontarla visivamente con gli estremi spezzoni in coda, da lacerti di documentari televisivi e 8 mm.
Tripudio estetizzante spesso, talvolta prolisso (ma meno del “Bernstein”, anche se abbastanza inutile come quello), chiede allo spettatore di conoscere bene la vera storia della cantante-donna-artista, per non restare fregati come un critico sagace quale Alberto Crespi ha scritto lapidariamente. Ma chi conosce davvero la reale vicenda terrena, quotidiana ed intima del grande soprano? Basta setacciare Youtube e sentire (risentire!) le accorate memorie di questo o quello (Zeffirelli, la Simionato…) per sapere infine meno di prima, per aggiungere confusione su incertezze e nel film di Larraín di congèrie ne abbondano.
Resta ovviamente tutto il resto. Ossia la necessità, l’opportunità di un film del genere, e delle vacuità callassiane 2023 (Augias in testa in TV, convegni poi e ancora e ancora) nell'anno della memoria.
Ad un certo punto del film vien fatto dire ad Angelina-Callas all’incirca (cito a memoria): “Non ascolto i (miei) dischi. I (miei) dischi sono perfetti. Ma sono sempre uguali. Invece è in teatro il momento giusto, preciso perché sempre diverso”.
Ma per aver ascoltato e visto (!) la Callas nel momento del suo fulgore bisogna essere nati non oltre il 1935, avendo dunque vent’anni (età giusta per essere un melomane di loggione) nel 1955 quando-per dire-lei era Violetta , Norma o Lucia. Chi è nato quell’anno però oggi potrebbe non esserci più, anzi ha raggiunto da un pezzo la Divina nell’alto dei Cieli. Tutti gli altri debbono fare riferimento ai dischi deprecati (giustamente) da Maria. Puoi parlare e giudicare di Napoleone o Hitler sulla base dei documenti e testimonianze; puoi parlare e giudicare di Verdi o Puccini perché la musica la trovi sulle partiture e dal 1900 su un surrogato quale è il fonografo. Ma la Callas (e altri ovviamente) devi averla vissuta nei teatri in contemporanea. La musicista Callas, non altro, ché tutta l’aneddotica (l’armatore greco, i cagnolini, le omelette…) sono fuffa. Ovviamente poi nel film di musica ne senti poca, male e alterata.
E paccottiglia sono o rischiano di essere tante cose di questo abbastanza scipito, triste, persino seccante film. I falsi ma “veri” brani di filmati della Divina rifatti ad arte che martellano i 124 minuti di durata complessiva, le scene nei teatri autentici come la Scala, con ombre vere ma false, i sette mesi impiegati da Jolie ad imparare il canto per doppiare i brani della Callas (tutti i brani sono cantati anche da lei, a volte coperti dalla voce della Callas, altre solo intervallati: vedi le prove col pianista, cfr. Maurizio Porro), gli anda e rianda del sedulo Ferruccio-Favinio che sposta il coda nell’appartamento parigino, la grulla governante e critica forzata Bruna-Rohrwacher, il finto documentarista-terapeuta che ha lo stesso nome del farmaco letale, l’humor inglese disseminato dal dialoghista Steven Knight, il più che deformato Onassis, il film nel film, i flashback in bianco e nero, la Callas tratteggiata ahimé un po’ matta di suo e un po’ per posa e si potrebbe continuare a lungo.
“Maria” alla fine è un film non musicale, non biografico e quasi non drammatico, piuttosto un’operetta. E francamente l’operetta non calza a Maria.
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(di antonio garganese)
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gianni quilici
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giovedì 16 gennaio 2025
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maria callas: un ritratto acuto e affascinante
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Un film emozionante e realizzato con grande maestria. Per due ragioni. La prima: Pablo Larrain ha intelligentemente intrecciato il presente disperato della Callas con ci? che lei ha vissuto e che ora immagina, ricorda, sogna, compresa un?intervista mai avvenuta, che ha tuttavia il merito di ampliare la sua personalit? complessa e contraddittoria. E questo Pablo Larrain lo realizza con un montaggio dove il presente e l?immaginazione si alternano e si fondono felicemente, senza banali racconti flashback. La seconda ragione: Angelina Jolie ha saputo incarnare con grande efficacia due aspetti contrapposti della personalit? di Maria Callas: l?angoscia per aver perso la forza della sua voce, per essere percepita come voce, ma non come corpo, per il rapporto strumentale subito
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Un film emozionante e realizzato con grande maestria. Per due ragioni. La prima: Pablo Larrain ha intelligentemente intrecciato il presente disperato della Callas con ci? che lei ha vissuto e che ora immagina, ricorda, sogna, compresa un?intervista mai avvenuta, che ha tuttavia il merito di ampliare la sua personalit? complessa e contraddittoria. E questo Pablo Larrain lo realizza con un montaggio dove il presente e l?immaginazione si alternano e si fondono felicemente, senza banali racconti flashback. La seconda ragione: Angelina Jolie ha saputo incarnare con grande efficacia due aspetti contrapposti della personalit? di Maria Callas: l?angoscia per aver perso la forza della sua voce, per essere percepita come voce, ma non come corpo, per il rapporto strumentale subito da parte di Onassis, ma anche l?aura della diva solitaria, tagliente e ironica animata da una quasi indicibile drammaticit? di grande fascino
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enzo70
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domenica 12 gennaio 2025
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lorrain racconta la callas oltre la diva
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Pablo Larrain propone una sua versione degli ultimi giorni della diva per eccellenza, Maria Callas, con un film intenso e struggente. La Callas ha perso la sua straordinaria voce e non riesce ad accettare la sua condizione attuale. Anche la sorte della storia di amore con Aristotele Onassis, sposato successivamente all’inizio della loro relazione con Jacqueline Kennedy, turba la condizione psichica della Callas che trova rifugio negli psicofarmaci che le distruggono il fegato. Gli unici suo veri amici sono il maggiordomo Ferruccio e la domestica bruna che provano a farla uscire con grande affatto dal suo stato di torpore. Il risultato è un film doloroso in cui emerge il dramma della donna che sovrasta il ricordo della gloria e del grande successo dell’artista.
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Pablo Larrain propone una sua versione degli ultimi giorni della diva per eccellenza, Maria Callas, con un film intenso e struggente. La Callas ha perso la sua straordinaria voce e non riesce ad accettare la sua condizione attuale. Anche la sorte della storia di amore con Aristotele Onassis, sposato successivamente all’inizio della loro relazione con Jacqueline Kennedy, turba la condizione psichica della Callas che trova rifugio negli psicofarmaci che le distruggono il fegato. Gli unici suo veri amici sono il maggiordomo Ferruccio e la domestica bruna che provano a farla uscire con grande affatto dal suo stato di torpore. Il risultato è un film doloroso in cui emerge il dramma della donna che sovrasta il ricordo della gloria e del grande successo dell’artista. La nota che dà valore al film è l’ottima interpretazione di Angelina Jolie e di Pierfrancesco Favino, oramai uno dei migliori attori a livello internazionale. Il film è lento, non semplice, ma consigliato.
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fabriziog
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sabato 11 gennaio 2025
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intenso
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Una grandiosa Angelina Jolie interpreta il crepuscolo del soprano greco, la Divina Maria Callas (New York, 2 dicembre 1923 – Parigi, 16 settembre 1977), in “Maria” di Pablo Larraín.
La fotografia di Edward Lachman -probabile vincitore di Premi al pari dell’Oscar – tratteggia immagini stupefacenti, con primi piani intensi e tragici carichi di quella ellenicità che accompagna la voce potente, senza spazio né tempo, oltre il visibile e l’invisibile, della Callas; una voce che sprigionava l’essenza dell’animo di Maria, massima cantrice di Puccini, le cui opere costituiscono l’ossatura della colonna sonore del film di Larraín.
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Una grandiosa Angelina Jolie interpreta il crepuscolo del soprano greco, la Divina Maria Callas (New York, 2 dicembre 1923 – Parigi, 16 settembre 1977), in “Maria” di Pablo Larraín.
La fotografia di Edward Lachman -probabile vincitore di Premi al pari dell’Oscar – tratteggia immagini stupefacenti, con primi piani intensi e tragici carichi di quella ellenicità che accompagna la voce potente, senza spazio né tempo, oltre il visibile e l’invisibile, della Callas; una voce che sprigionava l’essenza dell’animo di Maria, massima cantrice di Puccini, le cui opere costituiscono l’ossatura della colonna sonore del film di Larraín.
La tristezza colora il viso, gli occhi della protagonista, colora la sua esistenza e la sua voce, il portamento e l’incedere, il non volersi dare sconfitta mentre già ci si è dati per sconfitti. La voce che non è più quella di prima; l’amore per Onassis che però prediligerà come moglie Jacqueline Kennedy; la Diva, che come tutte le grandi Dive, non accetta il proprio inesorabile declino. Le visioni. Le allucinazioni. Il torpore della mente. Gli psicofarmaci. L’alcol. Lo sforzo sino alla morte di tirare fuori la potenza vocale di un tempo. I fedeli servitori, veri e unici amici (due grandi attori: Pierfrancesco Favino e Alba Rohrwacher), con cui la Callas condivide momenti di autentica serenità, sciolti in una semplicità quotidiana e domestica che contrasta con lo scintillio di tempi andati.
Alti livelli di recitazione fusi nella intensa tragicità ateniese di volti e occhi che divengono un tutt’uno con l’atmosfera originata da un mobilio ancienne e da una Parigi distratta e punteggiata da cori pucciniani come presenze ectoplasmatiche.
Fabrizio Giulimondi
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francesca meneghetti
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giovedì 9 gennaio 2025
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il bel canto che nasce dal dolore
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16 settembre 1977: in un lussuoso e centralissimo appartamento parigino della Rve gauche, viene trovata morta la Divina, all?et? di soli 53 anni. Arresto cardiaco, sar? la diagnosi. In realt? aleggia un certo mistero sulla fine di Maria Callas. Pu? essere che il cuore si sia arrestato spontaneamente, ma lei era drogata di farmaci, a combattere la depressione e quella malattia autoimmune, dal nome difficile, dermatomiosite, che le aveva compromesso la voce. Il film Maria di del regista cileno Pablo Larrain parte da qui (aggiungendo al dramma la scena dell?incendio dei meravigliosi abiti di scena), per procedere retrospettivamente su due piani temporali. Il primo livello in flashback riguarda l?ultima settimana di vita di Maria, colta nella sua quotidianit?, tra l?appartamento in cui tiranneggia i due fedeli servitori Ferruccio (Pierfrancesco Favino) e Bruna (Alba Rohrwacher), preoccupati della sua salute e della sua magrezza quasi anoressica e le passeggiate nei viali e sui ponti parigini.
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16 settembre 1977: in un lussuoso e centralissimo appartamento parigino della Rve gauche, viene trovata morta la Divina, all?et? di soli 53 anni. Arresto cardiaco, sar? la diagnosi. In realt? aleggia un certo mistero sulla fine di Maria Callas. Pu? essere che il cuore si sia arrestato spontaneamente, ma lei era drogata di farmaci, a combattere la depressione e quella malattia autoimmune, dal nome difficile, dermatomiosite, che le aveva compromesso la voce. Il film Maria di del regista cileno Pablo Larrain parte da qui (aggiungendo al dramma la scena dell?incendio dei meravigliosi abiti di scena), per procedere retrospettivamente su due piani temporali. Il primo livello in flashback riguarda l?ultima settimana di vita di Maria, colta nella sua quotidianit?, tra l?appartamento in cui tiranneggia i due fedeli servitori Ferruccio (Pierfrancesco Favino) e Bruna (Alba Rohrwacher), preoccupati della sua salute e della sua magrezza quasi anoressica e le passeggiate nei viali e sui ponti parigini. Sono i momenti in cui, in preda a uno stato semi-allucinatorio, individua luoghi di memoria e recupera il suo passato intessendo un?autobiografia puramente mentale. Ecco allora il secondo livello retrospettivo, che procede a flash, in modo discontinuo. Qui si evidenzia un grande lavoro di montaggio, con l?inserimento di sequenze invecchiate in stile anni ?60, a colori e in BN. Ne escono l?esaltazione che le procuravano i trionfi sulla scena, brani della sua vita sentimentale (il marito italiano Meneghini, e, soprattutto, il grande amore, il ricchissimo armatore greco Onassis, che si rifiut? di sposare per non finire in gabbia), schegge di incontri famosi (Kennedy, Marylin Monroe; manca Pasolini), e penosi ricordi del periodo greco, quando la madre faceva prostituire le figlie con i tedeschi. Il regista ricorre per ci? all?espediente di un biopic in costruzione, con un giovane intervistatore che pone a Maria, o alla Callas, domande che la costringono a scavare nel passato. Il presente ? molto doloroso. I ricordi tristi premono e quelli felici contrastano con la solitudine e la perdita dell?ugola d?oro del passato, a cui la Divina non si rassegna del tutto, fino all?ultimo canto del cigno (E lucevan le stelle, dalla Tosca, che riesce a calamitare i passanti in strada e a trasformarli in spettatori di un concerto improvvisato). Ma a compensare la tristezza giunge una bellissima colonna sonora, che recupera le romanze pi? famose della Callas, a partire dall?iniziale Ave Maria fino alla celeberrima Casta diva, e la straordinaria performance di un?Angelina Jolie elegantissima, i cui lineamenti sono esaltati dalla magrezza: si ? sottoposta a un corso intensivo di canto lirico, raggiungendo una perfetta intonazione, potenza, controllo delle dinamiche e un?intensa interpretazione drammatica. Film da vedere!
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valentina simoncini
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lunedì 6 gennaio 2025
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ammaliante
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Angelina Jolie, a sorpresa, sembra nata per interpretare gli ultimi giorni di vita della Callas: la stessa malinconica alterigia, la stessa lontananza dalla quotidianità. Larrain si conferma capace di penetrare la complessità con pochi tratti
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stefano73
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lunedì 6 gennaio 2025
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l''ultima settimana tra ricordi e turbamenti
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“MARIA”. Maria Callas è alla sua ultima settimana di vita, nella sua casa di Parigi. Vive solo con il suoi governanti Ferruccio e Bruna. Il film è un insieme di sensazioni, richiami al passato, turbamenti, vecchie relazioni e complessità del più grande soprano della storia. Ottime interpretazioni e richiami ai grandi personaggi dell’epoca. Ambientazioni e scenografie accurate. Voto:7
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