thomas
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mercoledì 1 novembre 2023
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c’è ancora domani … per il cinema italiano
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Le storie “al femminile” hanno un quid di qualità in più, oramai è chiaro. È proprio il loro angolo di visuale, di prospettiva delle cose ad essere affascinante: la sensibilità straordinaria delle donne dà senso profondo a ciò che vedono e decidono di raccontare. E così Paola Cortellesi decide di riportare, a distanza di circa ottanta anni, una storia di ordinaria sopraffazione negli anni del dopoguerra; una storia di umiliazioni, fatica, rinunce, violenze e riscatto. Una storia che è esistita davvero e quindi da non dimenticare mai, fatta di mariti/padroni, di sacrificio di sé così dissennato da sfociare nell’autolesionismo, di accettazione passiva di una realtà talmente oppressiva da eliminare la speranza.
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Le storie “al femminile” hanno un quid di qualità in più, oramai è chiaro. È proprio il loro angolo di visuale, di prospettiva delle cose ad essere affascinante: la sensibilità straordinaria delle donne dà senso profondo a ciò che vedono e decidono di raccontare. E così Paola Cortellesi decide di riportare, a distanza di circa ottanta anni, una storia di ordinaria sopraffazione negli anni del dopoguerra; una storia di umiliazioni, fatica, rinunce, violenze e riscatto. Una storia che è esistita davvero e quindi da non dimenticare mai, fatta di mariti/padroni, di sacrificio di sé così dissennato da sfociare nell’autolesionismo, di accettazione passiva di una realtà talmente oppressiva da eliminare la speranza. Ma il cuore delle donne sa essere più grande e così, tra un lavoro e l’altro per “arrotondare”, tra una chiacchiera e l’altra con amiche solidali, tra l’ennesima violenza fisica subita per un nonnulla e la successiva, arriva la “svolta”: una lettera improvvisa, inaspettata, la prima a lei mai indirizzata cambierà per sempre la vita della protagonista in un finale a sorpresa straordinario per intensità e Bellezza. In un bianco e nero che aiuta a rendere ancora più realistica la narrazione, Paola Cortellesi costruisce un film d’autore perchè “ruba” con grazia ed intelligenza a grandi film del passato: la madre trascurata e con lo sguardo spento che, appena alzata al mattino, si dedica a preparare la colazione dei famigliari, rimanda all’indimenticata Sofia Loren di “Una giornata particolare” di Ettore Scola, il pranzo di fidanzamento in cui tutto non va per il verso giusto ricorda “Primo amore” di George Stevens con la grande Katharine Hepburn, persino la naturalezza con cui si crea l’amicizia della protagonista con il soldato nero americano è un richiamo di quella, altrettanto naturale ed empatica, di Pasquale e Joe in “Paisà” di Roberto Rossellini. I richiami ai grandi film del passato si intrecciano ai tanti dettagli accurati che arricchiscono la qualità del film e, tra tutti, il più significativo è quello, brevissimo ma estremamente centrato, della scena nella casa dei ricchi borghesi in cui il padre mette a tacere la figlia che si è intromessa nella discussione sulla politica e il futuro che stava intrattenendo col figlio, a dimostrazione che la subalternità delle donne ottanta anni fa era un fatto trasversale, tutt’altro che limitato alle fasce della popolazione meno colte. Ma “C’è ancora domani” sa raccontarci che l’istruzione, per le donne è valsa più di un mero abito da sposa; il secondo, senza la prima, non aiutava ad emanciparsi davvero e soltanto l’accesso e il successo nel mondo del sapere e della conoscenza le ha rese, nei decenni a venire, sempre più padrone del proprio destino. Gli attori sono tutti ottimi, ma per paradosso, in un film “al femminile” le prove migliori sono quelle maschili: Valerio Mastrandrea è un povero cialtrone perdente e manesco credibilissimo, Giorgio Colangeli regala, col Sor Ottorino, un personaggio indimenticabile, degno delle migliori commedie all’italiana del passato e Virginio Marchionni è un tenero innamorato pieno di rimorsi molto lontano dai personaggi che di solito interpreta. Paola Cortellesi, Pilar Fogliati, Micaela Ramazzotti, il ritorno dopo decenni di Liliana Cavani … il cinema italiano nel 2023 è vivo, si evolve, si arricchisce di nuove cineaste ed ha un luminoso avvenire perché “se il futuro è donna” … “c’è ancora domani”.
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[+] neorealismo italiano alla cortellesi
(di marco brenni)
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[+] diseducativo
(di daniele bellini)
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[+] occasione persa
(di giovanni )
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gustibus
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venerdì 8 dicembre 2023
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come colpire la mente e il cuore del pubblico!
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Premetto che sono al mio secondo commento!il primo l'avevo terminato nella prima settimana di Novembre dicendo "stara'in cartellone per mesi!"..sembra non mi stavo sbagliando.Siamo al'8 Dicembre e il "nostro"Ce'ancora Domani"e'ancora primo negli incassi arrivato a quasi 28 milioni!E'gia nei primi 10 film italiani che hanno incassato di piu'!Ve lo aspettavate?..partito quasi anonimo pian piano e'entrato anche col passaparola nel cuore della gente.Probabile che abbia influito molto per le tematiche..gia'mensionate dalla politica,dai media,dalla gente.Interni di vita familiare,femminicidio ,patriarcato,maschilismo becero...anche se nel dopoguerra era sicuramente piu'marcato!.
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Premetto che sono al mio secondo commento!il primo l'avevo terminato nella prima settimana di Novembre dicendo "stara'in cartellone per mesi!"..sembra non mi stavo sbagliando.Siamo al'8 Dicembre e il "nostro"Ce'ancora Domani"e'ancora primo negli incassi arrivato a quasi 28 milioni!E'gia nei primi 10 film italiani che hanno incassato di piu'!Ve lo aspettavate?..partito quasi anonimo pian piano e'entrato anche col passaparola nel cuore della gente.Probabile che abbia influito molto per le tematiche..gia'mensionate dalla politica,dai media,dalla gente.Interni di vita familiare,femminicidio ,patriarcato,maschilismo becero...anche se nel dopoguerra era sicuramente piu'marcato!..poi ognuno vedendo la storia ne trarra'le conclusioni più libere per i personali pensieri.A me piace commentare il film,specialmente questo della bravissima Cortellesi..la recensione con le tre parole scritte prima si forma da sola.Solo un consiglio alla regista..visto che il film diventera'storia e cultura anche nelle scuole.Perche non fare le ultime inquadrature a colori?..Ho visto e sentito la multisala applaudire alla fine del film..si sentiva proprio coinvolta..e il colore finale sarebbe il meglio della conclusione.Se legge "noi"di MYmovies..chissa'?..Ora sarà in visione sicuramente tutte le feste natalizie...quindi tarderà ad entrare nelle piattaforme streaming..il tempo c'è!e il film può arrivare a record impensabili e per un film italiano che non e'commedia sarebbe l'apoteosi.
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silvano bersani
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lunedì 4 dicembre 2023
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pretenzioso
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Un’opera bruttina, pretenziosa, decisamente, fuori registro.
La regista ce la propone in bianco e nero come se fosse girata in analogico, ma è un bianco e nero didascalico decisamente falso.
Ce lo dice anche un uso linguisticamente povero e un po’ volgare della macchina da presa. La regista, che mi si dice essere una starlette della orrenda televisione generalista di intrattenimento, non riesce ad affrancarsi da un linguaggio da siparietti televisivi. Faccette stralunate a tutto schermo, espedienti filmici imbarazzanti, insomma, la tv in bianco e nero degli anni sessanta sapeva fare ben di meglio.
La narrazione è frammentaria e basata su episodi assemblati, quasi il format ideale per le interruzioni pubblicitarie.
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Un’opera bruttina, pretenziosa, decisamente, fuori registro.
La regista ce la propone in bianco e nero come se fosse girata in analogico, ma è un bianco e nero didascalico decisamente falso.
Ce lo dice anche un uso linguisticamente povero e un po’ volgare della macchina da presa. La regista, che mi si dice essere una starlette della orrenda televisione generalista di intrattenimento, non riesce ad affrancarsi da un linguaggio da siparietti televisivi. Faccette stralunate a tutto schermo, espedienti filmici imbarazzanti, insomma, la tv in bianco e nero degli anni sessanta sapeva fare ben di meglio.
La narrazione è frammentaria e basata su episodi assemblati, quasi il format ideale per le interruzioni pubblicitarie. Sicuramente l’opera nasce destinata a fare da supporto audiovisivo a qualche salotto televisivo per ricorrenze civili, tipo che so … l’otto marzo o il due giugno. Una di quelle cose che gli ignoranti guardano e dopo si sentono colti.
Non dirò molto sulla trama, che è decisamente esagerata ed ellittica, una lezioncina a soggetto. Con insopportabili licenze arbitrarie. Non dirò altro sulla fotografia, di cui ho già parlato: falsa come l’oro di princisbecco. Ne’ sulla colonna sonora, decisamente scontata e ovvia.
Se la mia recensione provocherà qualche mal di pancia a qualche anima bella invito caldamente a cercare in giro un vero capolavoro che parla di quel periodo: Germania Anno Zero di Roberto Rossellini.
Spero che in questi tempi disperati ci sia ancora qualcuno in grado di cogliere le differenze.
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(di gidis)
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luigiluke
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mercoledì 24 gennaio 2024
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non basta il bianco e nero ...
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… a fare di una pellicola un film autoriale, che peraltro di per sé non è sinonimo di capolavoro.
E non basta neanche raccontare una storia modellata sulla retorica del momento per renderla credibile.
C’è Ancora Domani si lascia vedere ma, a prescindere dai paragoni fin troppo generosi che lo hanno avvicinato, anche solo idealmente, a veri capolavori del neorealismo italiano, si rivela prima di tutto un film didascalico.
Rimane alla fine quel retrogusto di una lezioncina propinata con il ditino a chi, peraltro, non avendo vissuto il periodo in cui viene ambientata la storia lo può conoscere solo sulla base di racconti. Che magari sarebbe meglio non fossero modellati sull’ideologia dell’oggi.
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… a fare di una pellicola un film autoriale, che peraltro di per sé non è sinonimo di capolavoro.
E non basta neanche raccontare una storia modellata sulla retorica del momento per renderla credibile.
C’è Ancora Domani si lascia vedere ma, a prescindere dai paragoni fin troppo generosi che lo hanno avvicinato, anche solo idealmente, a veri capolavori del neorealismo italiano, si rivela prima di tutto un film didascalico.
Rimane alla fine quel retrogusto di una lezioncina propinata con il ditino a chi, peraltro, non avendo vissuto il periodo in cui viene ambientata la storia lo può conoscere solo sulla base di racconti. Che magari sarebbe meglio non fossero modellati sull’ideologia dell’oggi.
Sia chiaro: non intendo discutere sull’importanza delle questioni femminili, nel presente come nel passato, ma ci sono lavori cinematografici che le hanno portate in superficie molto meglio di questo. Perché quello che appare nel film della Cortellesi è il ritratto di un mondo che francamente appare inverosimile, con personaggi tutti in bassorilievo, perciò poco credibili e alla fine anche un po’ stancanti.
A cominciare dal grottesco Ivano Santucci che più che un patriarca sembra un disagiato, violento a prescindere, come neppure certi villain di veri film truculenti; e però al tempo stesso ostaggio di un padre padrone allettato, da cui riceve a bocca aperta consigli e rimproveri a dir poco risibili (tipo quello per cui ci si dovrebbe sposare solo con la “cugina”). Per poi piangerlo, al momento della morte, in un modo che non si capisce se deve apparire realistico o far ridere.
La stessa Cortellesi interpreta un ruolo monotematico, di donna angheriata, ma che sa anche essere abile manipolatrice, al punto di arrivare a far diventare vittima delle sue macchinazioni la propria figlia, a cui vuole impedire di proseguire nel fidanzamento con un tipo innocuo, raffigurato pure lui come una macchietta, che ha per giunta il torto di essere “figlio di …”, in accezione ovviamente negativa (tornerò poi anche su questo profilo).
Anche il finale della storia è stucchevole ed oltretutto inverosimile: che senso ha infatti vedere Delia doversi inventare una scusa con il marito per uscire di prima mattina e andare a votare? Neanche fosse sotto sequestro in casa, da dove invece l’abbiamo vista uscire tranquillamente per tutto il corso del film.
Se poi il significato “profondo” della pellicola doveva essere rappresentato dalla sequenza delle donne sulla scalinata del seggio e dallo sguardo di (quasi) tutte loro verso Ivano che risponde arricciando il baffo, a far valere che da quel momento (“domani”, cioè) saranno disposte a combattere insieme tutti gli Ivani di questo mondo, il fatto che subito dopo debba apparire una didascalia che spieghi che finalmente le donne avevano acquisito il diritto elettorale attivo fa capire che la regista non era convinta fino in fondo della forza evocativa di quell’immagine. O che comunque lo “spiegone” finale era necessario per rafforzare il monito ai presenti in sala.
In realtà quello che resta dopo le quasi due ore di vicende raccontate da Dalia è la sensazione di un pregiudizio culturale, per non dire sociale, in cui l’essere povero e vivere in borgata è sinonimo di ignoranza e violenza domestica; in cui il soldato di colore (immancabile pure lui, anche se poi non si capisce perché doveva essere nero) appare come un goffo corteggiatore, così facilmente suggestionabile da diventare senza remore autore di un crimine su commissione.
In cui i futuri consuoceri di Ivano e Dalia sono caricaturati come “contadini arfatti”, come tali disprezzati da tutti perchè lo siano, naturalmente, anche da parte del pubblico.
Che non deve provare empatia per i rimpianti della giovane figlia che perde il fidanzato perché Dalia, con il solito ditino, le ha già spiegato che tutti gli uomini sono uguali, cominciano bene ma poi diventano cattivi e prevaricatori. Come papà Ivano che in realtà finisce solo per fare la parte del perfetto idiota.
Insomma dopo averlo visto 3 volte cercando di cogliere le sfumature che al primo assaggio mi erano sfuggite, ma che dovevano pur esserci visto che tantissimi hanno gridato al capolavoro, ho dovuto arrendermi all’idea che come già per il tremendo Tolo Tolo di due anni fa, in Italia un film viene giudicato soprattutto per l’idea di fondo che deve essere conforme a ciò che “si pensa” di una certa cosa in un certo periodo.
Però sono arrivato alla fine, tre volte. Quell’altro avevo faticato a vederlo per intero.
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alessandro spata
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venerdì 3 novembre 2023
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e se il cambiamento nascondesse il pregiudizio?
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Premetto che si tratta di gusti personali e quindi lasciano il tempo che trovano. Tuttavia, non condivido lo stesso “generale” entusiasmo per il film in questione. Sinceramente, non mi è piaciuto granché e non basta il bianco e nero per fare un film “neorealista”. Non sarebbe sufficiente un film “realista”e basta? E proprio no! Il “pubblico”probabilmente per sentirsi “assolto” ha bisogno di credere che certe porcate (domestiche) accadevano nel primo dopoguerra. Ho letto un’intervista della Cortellesi dove riferisce: “C’è violenza domestica, in bianco e nero, però fa anche ridere!”.
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Premetto che si tratta di gusti personali e quindi lasciano il tempo che trovano. Tuttavia, non condivido lo stesso “generale” entusiasmo per il film in questione. Sinceramente, non mi è piaciuto granché e non basta il bianco e nero per fare un film “neorealista”. Non sarebbe sufficiente un film “realista”e basta? E proprio no! Il “pubblico”probabilmente per sentirsi “assolto” ha bisogno di credere che certe porcate (domestiche) accadevano nel primo dopoguerra. Ho letto un’intervista della Cortellesi dove riferisce: “C’è violenza domestica, in bianco e nero, però fa anche ridere!”. Insisto sull’idea che “non si può ridere di tutto” perché fatalmente si rischia di sminuire agli occhi degli astanti temi serissimi come quello della violenza domestica che meriterebbero da parte del pubblico la maturazione di ben altra coscienza. Finendo fatalmente, secondo me, per avallare la solita ipocrita morale della società (attuale) sempre pronta a perdonare tutto e le simpatiche canaglie comprese allo scopo di autoassolversi tendenzialmente, alla fine (tipico meccanismo che svolge la funzione di difesa dall’orrore, ma ciò non giustifica comunque). E anche certi paragoni aulici con “Una giornata particolare” di Ettore Scola li trovo discretamente strampalati, oltre che impropri (qui orrore e commedia erano più sapientemente amalgamati, ma erano altri tempi e altri protagonisti).
Detto questo una riflessione mi ha stimolato in particolare il film ad ulteriore testimonianza che anche un film che non incontra completamene in nostri gusti personali per qualche motivo, mantiene un suo valore nel momento in cui qualche considerazione la incoraggia nella testa di qualcuno. Quindi, si dirà che il film avrebbe comunque raggiunto un nobile scopo. Ok, questo è accettabile ai fini del dibattito (anche se Moretti urlerebbe “No...il dibattito nooooo!”). Allora, sottolineo la scena che fa riferimento alle elezioni e al suffragio universale in cui anche le donne vengono finalmente coinvolte (seppure con almeno 25 anni di età ). L’importanza non sta semplicemente nell’esercizio di un diritto democratico per niente scontato. Ricorderei per la cronaca che nella Svizzera della cioccolata e dei banchieri le donne ottennero il diritto di voto alle elezioni federali nel 1971 (e nemmeno tutte perché è soltanto nel 1991 che l’” Appenzell Innerrhoden” è diventato l'ultimo cantone svizzero a garantire alle donne il voto su questioni locali). Ma questa è un’altra storia.
La riflessione vorrebbe essere un tantino più complessa e cioè che persino un “cambiamento” epocale rischia di nascondere lo stereotipo, di fatto risolvendosi nella perpetuazione di un pregiudizio.
In sostanza, rischiamo di cullarci sugli allori e di dormire “saporosamente” dopo le sacrosante conquiste. E allora consideriamo il voto alle donne: è innegabile, che lo stato iniziale (le donne non votano) e lo stato finale (le donne votano) segnano una differenza sostanziale tanto che possiamo dire con orgoglio che c’è stato un “cambiamento” (totale). Ma al contempo la legittima soddisfazione morale se non ben interpretata e contestualizzata può rischiare di tacere pericolosamente che a tutt’oggi in Italia ad esempio la rappresentanza delle donne in parlamento e nelle amministrazioni locali sembra decisamente scandalosa per la sua penuria. Che le discriminazioni nella retribuzione sono ancora drammaticamente presenti, che le violenze domestiche e all’esterno delle mura familiari psicologiche e fisiche continuano tragicamente a perpetuarsi quasi quotidianamente. Certo abbiamo oggi in Italia una donna “capa” del governo, ma sorvoliamo sulle sue idee che non sarebbero condivisibili neanche se fosse un uomo, ma questa è un’altra storia. L’utilizzo della sessualità a scopo di potere rimane nella psicologia profonda di molti uomini e anche di molte donne. In sostanza, quindi, ai fini di una “buona azione sociale” dovremmo riflettere sul fatto che la relazione di “cambiamento” non è data una volta per tutte.
Non so se questa fosse l’intenzione precipua della regista. A me è sembrato un invito a non abbassare la guardia. Se ci pensiamo bene quella scena finale del suffragio universale se letta nel contesto più ampio del film ci dice che paradossalmente la conquista del suffragio universale rischia di trasformarsi all’interno di alcuni cicli storici di “buone azioni sociali”, in un “non-cambiamento notevole”, nel senso che di fatto continua ad accompagnarsi alla conferma di alcune caratteristiche di ripetitività e stereotipia che seguitano ad identificare gli atteggiamenti discriminatori verso le donne. Insomma, è come se all’interno di un sequenza di eventi sociali fondamentali vi fossero alcuni tratti che si mantengono immutati pur nella varietà significativa degli eventi verificatisi. Insomma, nel film ci vedo questo accostamento degli opposti: è vero che la conquista del suffragio universale è una pietra miliare dell’affermazione dei diritti inalienabili dell’umanità (“C’è ancora domani”, c’è ancora speranza in mezzo a tutto questo lerciume). Però attenzione anche che nel frattempo, ancora oggi nel 2023 aleggia in società il “fantasma” di un “popolo” che, ad esempio, dietro le chiacchiere e le facezie “innocenti”, di fatto si autoassolve anche quando i suoi «rappresentanti maschili» di tutte le età e condizioni sociali battono a sangue mogli, fidanzate, compagne e figlie. Alla fine il rischio è la conferma del “già detto”, del “già conosciuto” ovvero “l’annuncio del ritorno dell’identico”. Meditiamo! Poi andiamo pure a vedere il film che nonostante gli sforzi rimane ancora una volta piuttosto pericolosamente consolatorio e falsamente “catartico”, secondo me, a beneficio di una buona parte di pubblico “inconsapevole” (o che tale vuole rimanere, forse). E questo non mi va!
Forse il guaio di certi film è che “vogliono parlare a tutti”, ma col rischio di finire per non dire poi niente di davvero significativo a nessuno.
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[+] bisogna saper riflettere
(di marcus)
[ - ] bisogna saper riflettere
[+] proprio nel 1946 !
(di gianni)
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[+] "però fa anche ridere..."
(di anna74)
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fioremina
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domenica 19 novembre 2023
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un film di insegnamento
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A metà strada tra film, intendendo per tale la narrazione che ci coinvolge, quella in cui partecipiamo trasferendoci dalla poltrona allo schermo vivendo in prima persona la storia del protagonista e il documentario e ovvero il film della narrazione insegnante. Infatti pur non mancando della coinvolgente partecipazione non siamo mai totalmente immedesimati e lo osserviamo scorrere. A renderlo meno film coinvolgente sono complici gli effetti del bianco e nero e la storia che benché attinta dal realismo storico è tuttavia surreale. Surreale perché quelle madri che hanno fatto i conti con la guerra e la fame e ancor più col proprio marito padrone, oppresse, sconsolate, affaticate, laddove la sopravvivenza supera i desideri e le aspirazioni non si sarebbero mai cucite la camicetta pe il nobile scopo del voto, e non che non lo avrebbero voluto, anzi.
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A metà strada tra film, intendendo per tale la narrazione che ci coinvolge, quella in cui partecipiamo trasferendoci dalla poltrona allo schermo vivendo in prima persona la storia del protagonista e il documentario e ovvero il film della narrazione insegnante. Infatti pur non mancando della coinvolgente partecipazione non siamo mai totalmente immedesimati e lo osserviamo scorrere. A renderlo meno film coinvolgente sono complici gli effetti del bianco e nero e la storia che benché attinta dal realismo storico è tuttavia surreale. Surreale perché quelle madri che hanno fatto i conti con la guerra e la fame e ancor più col proprio marito padrone, oppresse, sconsolate, affaticate, laddove la sopravvivenza supera i desideri e le aspirazioni non si sarebbero mai cucite la camicetta pe il nobile scopo del voto, e non che non lo avrebbero voluto, anzi. Il film è più rappresentativo del desiderio che di quanto possa essere accaduto realmente. Perciò il film “insegna” indicando nel voto il mezzo per liberarsi dall’oppressione maschile. Perché il voto è la fiducia nutrita per quel qualcuno che si prenderà cura di te facendo leggi migliori, quel qualcuno che disponendo di una somma di strumenti appresti per te e ancor più ai tuoi figli tutti i mezzi affinché non ti accada, ammantato da un presunto amore, di essere invece l’oggetto in possesso di un possessore.. Il film si pone a metà tra il realismo rosselliniano e il documentario laddove omette delicatamente con una tenda il realismo di quanto avviene al di là della tenda. Per coincidenza mentre il film è ancora in sala muore Giulia Cecchettin per mano del suo ex fidanzato e tutti i media si prodigano di consigli per prevenire il femminicidio a cominciare dall’educazione scolastica. Se vorremo passare dalle parole ai fatti, per realizzare quell’arduo compito riservato agli insegnanti, si cominci dal proiettare questo film nelle scuole. Non ce ne possono essere di migliori. E’ il miglior docufilm per suscitare vergogna nei bambini che si immedesimino in “Ivano” e per insegnare alle bambine a riconoscere i segni premonitori del falso amore.
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stefano73
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venerdì 8 dicembre 2023
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un bianco e nero che conquista
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Siamo a Roma nel periodo dell’immediato secondo dopo guerra. Delia vive con il marito, tre figli e il suocero in una povera borgata romana. Cerca in tutti i modi di gestire una famiglia complicata in un Italia fortemente patriarcale e con due guerre da archiviare. Paola Cortellesi nel suo primo film da regista e protagonista crea una pellicola in bianco e nero difficile da dimenticare. Crea un microcosmo popolare talmente forte,vero e coinvolgente da trasportare il pubblico indietro di 80 anni. Opera sia drammatica che comica impossibile non amare. Bravissimi tutti gli attori. Voto:8.
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mauridal
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domenica 17 dicembre 2023
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forma e sostanza
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Quando in un film troviamo forma e sostanza, ben coniugate insieme, dove per forma abbiamo una pellicola in Bianco e Nero, con un linguaggio del cinema neorealista, con una fotografia accurata e un taglio narrativo, da racconto popolare . Dunque la sostanza ovvero il contenuto narrato, si intreccia con le immagini dando più forza al racconto e alle storie dei personaggi. Si tratta come è noto dato il grande pubblico e il successo dl film, della storia di una donna Delia, che da moglie di un marito violento e padrone cerca con una sua volontà di sopravvivere alla famiglia che si è ritrovata dopo il matrimonio da ragazza giovane, nel periodo difficile del dopoguerra in condizioni di indigenza e sacrifici quotidiani.
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Quando in un film troviamo forma e sostanza, ben coniugate insieme, dove per forma abbiamo una pellicola in Bianco e Nero, con un linguaggio del cinema neorealista, con una fotografia accurata e un taglio narrativo, da racconto popolare . Dunque la sostanza ovvero il contenuto narrato, si intreccia con le immagini dando più forza al racconto e alle storie dei personaggi. Si tratta come è noto dato il grande pubblico e il successo dl film, della storia di una donna Delia, che da moglie di un marito violento e padrone cerca con una sua volontà di sopravvivere alla famiglia che si è ritrovata dopo il matrimonio da ragazza giovane, nel periodo difficile del dopoguerra in condizioni di indigenza e sacrifici quotidiani. Questa storia è ambientata nella Roma di periferia nel 1946 , quando ancora i soldati americani dopo la liberazione circolavano per le strade, dunque l ‘ambientazione neorealista del cinema italiano c’è tutta , ed è un pregio notevole e un merito della regista del film aver cercato quell’atmosfera sia nei luoghi , che nei personaggi narrati. Il racconto poi si sviluppa sul tema del maschio violento e padrone del destino di donne che possiede per tutta la vita in quanto mogli o anche figlie o fidanzate. Nel ruolo di questi personaggi i più fedeli sono le figure femminili, Delia , la stessa Cortellesi, protagonista o l’amica Marisa interpretata da Fanelli, anche la figlia Marcella ,è credibile come fidanzata di un giovane in apparenza buono e bravo, ma che poi si rivela peggio degli altri in quanto maschilista e violento. Meno interessanti sono riusciti i personaggi maschili, il marito Ivano interpretato da un indolente Mastrandea , che molla schiaffi in canottiera alle donne, in una casa da padrone povero e violento per caso. Intanto il tema del film, pur se ambientato nel dopoguerra in una Italia povera e degradata, si è rivelato con questo film, di grande attualità, addirittura, di denuncia per recenti fatti di cronaca riguardo i femminicidi accaduti. Dunque, una coincidenza importante tra il film e la realtà sociale italiana, contemporanea, che la regista Cortellesi, ha saputo cogliere e tradurre in opera culturale, probabilmente utile per la riflessione e un cambiamento culturale dell’intera società italiana . ( mauridal)
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gsilecchia
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mercoledì 22 maggio 2024
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c'è ancora domani: un ritratto delicato della speranza
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"C'è ancora domani" è uno di quei film che ti prende per mano e ti accompagna attraverso un viaggio fatto di emozioni e introspezione. Diretto con un tocco sensibile e attento, il film si immerge nei meandri della vita di personaggi comuni, catturando momenti di straordinaria semplicità e bellezza. La trama si sviluppa attorno alla figura di Marta, una donna che si trova a un bivio nella sua vita. La sua storia è quella di molte persone: una quotidianità fatta di alti e bassi, sogni non realizzati e speranze che ancora brillano nel buio. Marta è interpretata con una delicatezza incredibile, rendendo il suo personaggio autentico e relatable. La sua interpretazione è uno dei punti di forza del film, portando sullo schermo una gamma di emozioni che vanno dalla disperazione alla gioia più pura.
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"C'è ancora domani" è uno di quei film che ti prende per mano e ti accompagna attraverso un viaggio fatto di emozioni e introspezione. Diretto con un tocco sensibile e attento, il film si immerge nei meandri della vita di personaggi comuni, catturando momenti di straordinaria semplicità e bellezza. La trama si sviluppa attorno alla figura di Marta, una donna che si trova a un bivio nella sua vita. La sua storia è quella di molte persone: una quotidianità fatta di alti e bassi, sogni non realizzati e speranze che ancora brillano nel buio. Marta è interpretata con una delicatezza incredibile, rendendo il suo personaggio autentico e relatable. La sua interpretazione è uno dei punti di forza del film, portando sullo schermo una gamma di emozioni che vanno dalla disperazione alla gioia più pura. La regista, con una maestria sottile, evita di cadere nella trappola della melodrammaticità. Invece, sceglie di focalizzarsi su piccoli momenti di vita quotidiana, che costruiscono un quadro più grande e complesso. Le scene sono girate con una cura particolare per i dettagli, con una fotografia che sfrutta la luce naturale per creare un'atmosfera intima e calda. Questo approccio visivo si sposa perfettamente con il tono narrativo, dando al film una qualità quasi documentaristica che aumenta il suo impatto emotivo. Un altro aspetto che colpisce di "C'è ancora domani" è la colonna sonora. Le musiche, scelte con grande cura, accompagnano le vicende dei personaggi senza mai sovrastarle. Anzi, le note sembrano dialogare con le immagini, creando un equilibrio armonioso che rende alcune scene memorabili. La musica diventa così un personaggio a sé stante, capace di sottolineare i momenti di tensione e amplificare quelli di rilassatezza. La sceneggiatura è un mix di dialoghi ben scritti e silenzi significativi. I dialoghi, realistici e mai forzati, permettono ai personaggi di esprimersi in modo naturale, rivelando strati della loro personalità con ogni scambio di battute. I silenzi, invece, parlano forse ancora più forte: sono pause che permettono allo spettatore di riflettere, di entrare in sintonia con i protagonisti e di sentire il peso delle loro esperienze. Analizzando i difetti di questo film possiamo dire che alcuni momenti della narrazione possono sembrare lenti e che ci sono passaggi che avrebbero sicuramente beneficiato di una maggiore dinamica. Inoltre, alcuni personaggi secondari avrebbero potuto essere sviluppati meglio, aggiungendo ulteriori sfumature alla storia principale. Ciononostante, questi difetti non minano gravemente l'esperienza complessiva del film. Un tema centrale del film è la resilienza umana. "C'è ancora domani" esplora come, nonostante le avversità, le persone trovino la forza di andare avanti, di sperare e di costruire un futuro migliore. Questa tematica risuona profondamente, soprattutto in tempi incerti, e offre un messaggio di speranza che è al contempo realistico e incoraggiante. Il film eccelle nel mostrare la bellezza nascosta nelle piccole cose. Un sorriso inaspettato, un gesto di gentilezza, un momento di riflessione solitaria: sono questi dettagli che danno vita alla storia e che restano con lo spettatore anche dopo la fine del film. In un panorama cinematografico spesso dominato da grandi effetti speciali e trame complesse, "C'è ancora domani" si distingue per la sua semplicità e onestà. "C'è ancora domani" è un film che merita di essere visto. È una pellicola che ci ricorda l'importanza di non arrendersi mai e di trovare bellezza anche nei momenti più bui. La sua forza risiede nella sua autenticità e nella sua capacità di raccontare storie di vita reale con una sensibilità unica. Se stai cercando un film che ti faccia riflettere e ti lasci con un senso di speranza, "C'è ancora domani" è sicuramente una scelta eccellente.
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nunzio pizzuto
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mercoledì 30 ottobre 2024
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c'è ancora un domani, 2023
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C’è ancora domani, Regia di Paola Cortellesi, 2023 Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, durata 118 minuti.
Vedendo il film, due concetti mi sono venuti in mente: il primo è quello di lumpenproletariat e il secondo quello di Akira Kurosawa in Cane randagio , del 1949 nel quale il regista giapponese dice: “Non esistono uomini che nascono criminali, ci sono ambienti che creano i criminali”. Ora il film della Cortellesi mi pare si muova entro queste coordinate, cercando di filtrare la materia attraverso una narrazione che permetta alla commedia di svilupparsi fino quasi al termine del film perché, nella parte conclusiva, prevale un aspetto quasi didascalico, che si concretizza nell’esemplificazione della rivendicazione del diritto, del buon diritto, è ovvio, a non subire più il maschilismo degli uomini.
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C’è ancora domani, Regia di Paola Cortellesi, 2023 Valerio Mastandrea, Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, durata 118 minuti.
Vedendo il film, due concetti mi sono venuti in mente: il primo è quello di lumpenproletariat e il secondo quello di Akira Kurosawa in Cane randagio , del 1949 nel quale il regista giapponese dice: “Non esistono uomini che nascono criminali, ci sono ambienti che creano i criminali”. Ora il film della Cortellesi mi pare si muova entro queste coordinate, cercando di filtrare la materia attraverso una narrazione che permetta alla commedia di svilupparsi fino quasi al termine del film perché, nella parte conclusiva, prevale un aspetto quasi didascalico, che si concretizza nell’esemplificazione della rivendicazione del diritto, del buon diritto, è ovvio, a non subire più il maschilismo degli uomini. L’ultima parte è più una dichiarazione ideologica, necessaria nella mente della regista ma dai tratti irrealistici come allorquando di fronte all’avvicinarsi del coniuge picchiatore tutte le donne disposte sulla scalinata si uniscono allo sguardo di Delia nel condannare il proposito di Ivano. Marx parla di sottoproletariato perché la condizione di vita, allora nel 1946 e non credo molto differente oggi, è quella di una umanità sordida, sempre in bilico tra criminalità e scatenamento delle pulsioni più egoistiche e aggressive della propria personalità. Ivano, e prima di lui il padre, sono i campioni di una umanità completamente abbrutita che scambia per missione di vita l’affermazione di sé stessi. In questo mondo non c’è spazio se non il raggiungimento degli interessi, ad ogni costo. Ivano batte la moglie con la stessa facilità con cui un avventore beve un caffè al bar, e vive come un attentato alla propria personalità se questo dovesse o potesse essergli impedito. È stato sottolineato come la resa della Cortellesi nel rendere filmicamente le botte con una sorta di balletto dei due coniugi rappresenti un esito lodevole nella tessitura del film stesso. Ed è vero ma a patto di non dimenticare mai che la danza si svolge tra una donna sempre in procinto di poter essere uccisa e di uno spietato aguzzino. Anche il ricevimento del certificato elettorale con cui Delia andrà a votare dovrà essergli nascosto. Un certificato sulla cui natura la regista innesca uno degli elementi tipici dello svolgimento delle commedie ovvero quello dell’oggetto sconosciuto che svela la propria natura al termine della trama o quasi. Resta comunque inesplorato uno degli elementi fondamentali del tema del film: basta la rivendicazione del proprio buon diritto da parte delle donne per ridurre i pericoli sempre ricorrenti del maschilismo degli uomini? Non sarebbe meglio affrontare le contraddizioni fin troppo vive e operanti sul piano economico e sociale dei rapporti tre i due sessi? Insomma, e per concludere, solo la rivendicazione della totale parità economica può funzionare da grimaldello e solo una società che non contempli più per scopi privatistici lo sfruttamento degli uomini, maschi o donne che siano, può funzionare da cornice entro cui far maturare questa possibilità. E non possiamo non considerare anche il fatto che in una società del genere non vi è la garanzia assoluta perché tali discriminazioni non possano non svilupparsi ma un loro significativo ridimensionamento sì. Nunzio Pizzuto
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