dandy
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mercoledì 20 novembre 2024
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illudere se stessi è la cosa peggiore.
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Stavolta alle prese con una storia non fantastica,il regista affronta il personaggio come specchio di una nazione illusoria ed illusa,manipolatrice tanto nel mondo dello spettacolo(con ovvio rimando al cinema attraverso le attrazioni circense)che negli ambienti del potere.E la cui ascesa e caduta(che prevede un beffardo contrappasso finale)diventa metafora della falsità(o illusione) dell '"american dream" nonchè un'acuta riflessione sugli effetti nefasti delle false speranze inculcate a chi vuole credere con tutto se stesso rendendosi involontariamente "complice" di chi inganna(il destino tragico che segue la truffa ai coniugi Kimball).Il regista,che adatta il romanzo omonimo di William Lindsay Gresham(già portato sullo schermo nel'47)e sceneggia con la moglie,mescola con abilità atmosfere noir e suggestioni pittoriche(Wyeth,Hopper,Wood)garantendo uno spettacolo intrigante nella prima parte attraverso la messa in scena "dietro le quinte" dei poteri da mentalista.
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Stavolta alle prese con una storia non fantastica,il regista affronta il personaggio come specchio di una nazione illusoria ed illusa,manipolatrice tanto nel mondo dello spettacolo(con ovvio rimando al cinema attraverso le attrazioni circense)che negli ambienti del potere.E la cui ascesa e caduta(che prevede un beffardo contrappasso finale)diventa metafora della falsità(o illusione) dell '"american dream" nonchè un'acuta riflessione sugli effetti nefasti delle false speranze inculcate a chi vuole credere con tutto se stesso rendendosi involontariamente "complice" di chi inganna(il destino tragico che segue la truffa ai coniugi Kimball).Il regista,che adatta il romanzo omonimo di William Lindsay Gresham(già portato sullo schermo nel'47)e sceneggia con la moglie,mescola con abilità atmosfere noir e suggestioni pittoriche(Wyeth,Hopper,Wood)garantendo uno spettacolo intrigante nella prima parte attraverso la messa in scena "dietro le quinte" dei poteri da mentalista.Ma certe metafore risultano scontate(la vita stessa come illusione per chi la costruisce illudendo chi lo circonda)e certi colpi di scena abbastanza intuibili(il mistero sul padre del protagonista).E l'ultima parte si fa più didascalica.Deve aver deluso parecchio le aspettative del pubblico(sia dei fan del regiusta che in generale)visto lo scarso riscontro ovunque.Ma agli Oscar ben 4 nomination(eccessiva quella per miglior film,mertitate quelle per fotografia,costumi e scenografie).
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jonnylogan
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giovedì 24 febbraio 2022
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l''arte dell''inganno
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Stan Carlisle è un imbonitore che lavora nel circo gestito da Clem Hoatley ove apprende tutti i trucchi che gli permettono di leggere la mente altrui. Passati due anni Stan decide di vivere assieme alla sua collega Molly e a esibirsi in coppia nel ruolo del “Grande Stanton”. Una sera, nel corso di uno spettacolo, una psicologa gli si avvicina domandandogli di scoprire cosa contenga la sua borsetta, senza trucchi Stan ne indovina il contenuto e da quel momento i due inizieranno a collaborare truffando uomini facoltosi.
Il circo e le sue ambientazioni da sempre hanno catturato la curiosità di cineasti che desideravano raccontarne i dietro le quinte e la vita di chi fra i suoi tendoni ha deciso di lavorare.
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Stan Carlisle è un imbonitore che lavora nel circo gestito da Clem Hoatley ove apprende tutti i trucchi che gli permettono di leggere la mente altrui. Passati due anni Stan decide di vivere assieme alla sua collega Molly e a esibirsi in coppia nel ruolo del “Grande Stanton”. Una sera, nel corso di uno spettacolo, una psicologa gli si avvicina domandandogli di scoprire cosa contenga la sua borsetta, senza trucchi Stan ne indovina il contenuto e da quel momento i due inizieranno a collaborare truffando uomini facoltosi.
Il circo e le sue ambientazioni da sempre hanno catturato la curiosità di cineasti che desideravano raccontarne i dietro le quinte e la vita di chi fra i suoi tendoni ha deciso di lavorare. Non fa eccezione il romanzo di William Lindsay Gresham già portato in scena nel 1947 da Edmund Goulding e con Tyrone Power nel ruolo del protagonista, e riportato per l’occasione al cinema al centro di una storia cupa, hard-boiled e impreziosita da un cast stellare al quale si aggiunge un Bradley Cooper nel ruolo di un uomo pronto a tutto pur di ottenere fama e denaro e che riesce ad aggiungere alla propria galleria di personaggi quella di un truffatore in grado di trascinarlo fino alla candidatura all’Oscar come miglior attore protagonista. Del Toro crea attorno alla figura di Stan Carlisle un castello d’inganni e una trama che ripercorre la parabola narrativa del film originale ma è l’alternanza di stati d’animo ai quali ci abitua sia la pellicola sia il suo protagonista, sempre in bilico fra euforia, inganno e disperazione, che fanno la differenza rispetto alla splendida pellicola originale. Le oltre due ore e mezza del film trascorrono rapidamente e non ci si deve fare trarre in inganno da quello che appare sullo schermo. Pellicola che a visione ultimata rappresenta la perfetta commistione fra un lato più cerebrale e uno di azione di uno dei registi più trasversali e criptici della settima arte.
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silver90
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mercoledì 9 febbraio 2022
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arte o illusione?
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"La fiera delle l'illusioni" di Guillermo Del Toro è un rifacimento di un film del '46, ma attinge a piene mani all'introspezione psicologica e scava nell'intimo dei personaggi, fino a sondarne l'abisso emotivo e morale, e pertanto non può che richiamarsi a un simbolismo fortissimo di immagini e contenuti. La fotografia, a tratti manieristica, ci porta in un mondo lontano, sia a livello cronologico, perché siamo nel 1941, sia a livello ambientale, perché siamo ai margini della società, in un circo di strada, dove, tra saltimbanchi, contorsionisti e cartomanti, si respira la vita vera, libera dai meccanismi sordidi della società. Il protagonista è Stan, interpretato da Bradley Cooper, un signor Nessuno che intuiamo subito essere combattuto da demoni interiori, così come il periodo storico è agitato dai grandi stravolgimenti causati dalla Seconda Guerra Mondiale.
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"La fiera delle l'illusioni" di Guillermo Del Toro è un rifacimento di un film del '46, ma attinge a piene mani all'introspezione psicologica e scava nell'intimo dei personaggi, fino a sondarne l'abisso emotivo e morale, e pertanto non può che richiamarsi a un simbolismo fortissimo di immagini e contenuti. La fotografia, a tratti manieristica, ci porta in un mondo lontano, sia a livello cronologico, perché siamo nel 1941, sia a livello ambientale, perché siamo ai margini della società, in un circo di strada, dove, tra saltimbanchi, contorsionisti e cartomanti, si respira la vita vera, libera dai meccanismi sordidi della società. Il protagonista è Stan, interpretato da Bradley Cooper, un signor Nessuno che intuiamo subito essere combattuto da demoni interiori, così come il periodo storico è agitato dai grandi stravolgimenti causati dalla Seconda Guerra Mondiale. Proprio l'atmosfera cupa e asfittica di quel periodo gli consente di trovare un posto come lavoratore a cottimo, sia pure in una società di reietti, una moglie graziosa e accondiscendente, che conquista con un po' di fortuna e molto charme, e soprattutto un trucco da imbroglione, che acquista grazie a un mentore e a una discreta dose di abilità. Quando la macchina da presa si sposta in città, dove le illusioni sono amplificate e gli inganni si moltiplicano, sembra di ritornare ai giorni nostri, quasi vi fosse un bug, un buco nello spazio-tempo, immediatamente percepibile dallo spettatore, che ha creduto alla falsa sicumera di Stan perché somiglia a quella di molti di noi. Ed è anche, se vogliamo, una rilettura in chiave metaforica dell'esistenza odierna, piegata e pressata dalle urgenze del quotidiano. Alla fine della fiera, la magia cos'è, dunque: arte o illusione? Domanda retorica per alcuni, ma qui giocata sul filo sottilissimo di un'ambiguità impercettibile, con una cura del dettaglio pari soltanto ai grandi maestri del genere. In fondo, Del Toro strizza l'occhio allo spettatore anche nel decidere da che parte stare. "Quello che tutti vogliono è essere scoperti", come dice Cooper in una battuta che si rivelerà decisiva per il suo personaggio, tanto più che a tentare di smascherare la presunta recita è una seducente e sedicente dottoressa, interpretata da Cate Blanchett. In questo caso come in altri, però, gli autoinganni sortiscono effetti ancora più diabolici sulla nostra mente, sono trappole stese da noi stessi per catturare la nostra più vivida percezione: così, l'incubo peggiore cui va incontro Stan è soltanto acceso dalle sue stesse fantasie di onnipotenza, ma in realtà compie un destino innato. Restando nella metafora delle immagini, il risultato è il frutto di un'immaginazione potente e distruttiva, o anche una bella partita che poteva essere giocata meglio sul finale. C'est la vie.
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felicity
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mercoledì 25 maggio 2022
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noir classico con immagini potenti e pregnanti
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Con Nightmare Alley, Del Toro abbandona la dimensione fiabesca e dark che pervadeva quasi tutte le sue opere, e si immerge in un racconto nerissimo che, come sempre, lavora in modo straordinario sui codici e sulle immagini tramandate dal cinema americano ed europeo, autoriale e meravigliosamente di serie B, personalissimo e di genere. Questa volta però, di fronte al passato oscuro della Storia, agli ultimi non concede nessun riscatto, nessun amore "mostruoso", e neppure una fanciullesca fuga nei labirinti fantastici della propria mente. Se per l'appunto ne Il Labirinto del fauno l'orrore della realtà si proiettava nei sogni ad occhi aperti di Ofelia, qui Del Toro, filtrando la vicenda con gli occhi del noir e pensando il racconto come una parabola esistenziale, costruisce direttamente la realtà con la stessa materia di cui sono fatti gli incubi.
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Con Nightmare Alley, Del Toro abbandona la dimensione fiabesca e dark che pervadeva quasi tutte le sue opere, e si immerge in un racconto nerissimo che, come sempre, lavora in modo straordinario sui codici e sulle immagini tramandate dal cinema americano ed europeo, autoriale e meravigliosamente di serie B, personalissimo e di genere. Questa volta però, di fronte al passato oscuro della Storia, agli ultimi non concede nessun riscatto, nessun amore "mostruoso", e neppure una fanciullesca fuga nei labirinti fantastici della propria mente. Se per l'appunto ne Il Labirinto del fauno l'orrore della realtà si proiettava nei sogni ad occhi aperti di Ofelia, qui Del Toro, filtrando la vicenda con gli occhi del noir e pensando il racconto come una parabola esistenziale, costruisce direttamente la realtà con la stessa materia di cui sono fatti gli incubi. E cerca, trovandola meglio che altrove (Crimson Peak, La forma dell'acqua), un'universalità capace di sfuggire all'immediato presente, una grandeur d'altri tempi, uno sguardo più cupo che mai.
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fraka94
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sabato 4 febbraio 2023
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riuscito a metà
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Estremamente affascinante il mondo delle fiere e dei freakshow messo in scena da Del Toro. Peccato che spesso il ritmo rallenti fino a languire e che la storia non riservi grandissime sorprese... Occasione in gran parte sprecata, anche se il film merita una visione.
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mauro.t
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martedì 8 febbraio 2022
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torbido
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Remake del film di Goulding del 1947. Stan ha alle spalle un passato oscuro e delittuoso. Vagabondando, si unisce ad un circo dove rimane affascinato dai giochi di due mentalisti ormai un po’ fuori forma, dai quali impara i rudimenti del mestiere. In seguito, innamoratosi della bella Molly, la porta via e si mette in proprio. Abile e ambizioso, con i suoi trucchi ottiene molti successi. Incontra però sulla sua strada uomini potenti e ingenui, e una psicoterapeuta senza scrupoli e meno ingenua. La sua avidità lo porterà a siglare un patto con la donna per truffare personaggi facoltosi, ma il patto tra truffatori è spesso un patto scellerato e giocare con gli esponenti dell’alta società può essere molto rischioso.
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Remake del film di Goulding del 1947. Stan ha alle spalle un passato oscuro e delittuoso. Vagabondando, si unisce ad un circo dove rimane affascinato dai giochi di due mentalisti ormai un po’ fuori forma, dai quali impara i rudimenti del mestiere. In seguito, innamoratosi della bella Molly, la porta via e si mette in proprio. Abile e ambizioso, con i suoi trucchi ottiene molti successi. Incontra però sulla sua strada uomini potenti e ingenui, e una psicoterapeuta senza scrupoli e meno ingenua. La sua avidità lo porterà a siglare un patto con la donna per truffare personaggi facoltosi, ma il patto tra truffatori è spesso un patto scellerato e giocare con gli esponenti dell’alta società può essere molto rischioso.
Il film è un viaggio nel torbido dell’animo umano. Si scava tra delitti infami e azioni abiette, tra menzogne e manipolazioni, che avranno conseguenze terribili. Tra personaggi autori di misfatti, dove solo alcuni soffrono di sensi di colpa, emerge quanto sia potente sia l’istinto di sfruttare a proprio vantaggio le debolezze altrui. Il circo viene raffigurato come un microcosmo che riproduce al suo interno i meccanismi presenti nel mondo, anche quelli peggiori; ma in esso tutto è spettacolo, gioco, trucco dichiarato. E’ simbolico quindi il suo abbandono, e non a caso è Molly, il personaggio positivo, a rimanervi affettivamente legata.
Trama lineare, con personaggi definiti, ma non molto sviluppati. Ci sono i cattivi, i buoni, i potenti, i disgraziati. Ma mancano i meccanismi alla base, manca ciò che muove il tutto. Guillermo del Toro torna su un lavoro già fatto con un cast stellare. Grande prova di recitazione di tutti gli attori principali, tra i quali secondo me spiccano Toni Colette e Willem Dafoe. Rispetto al lavoro del 1947 il regista toglie un po’ di buonismo e aggiunge pregevoli inquadrature, ma confeziona un film vecchio stile che ricalca vecchie poetiche. Superato.
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