antonio biagioli
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sabato 5 ottobre 2024
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sorpresa
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TRE ATTRICI STUPENDE: LA MADRE NATURALE, l'ARMINUTA E LA SORELLA PICCOLA MORA. NON LO CONOSCEVO E L'HO VISTO PER CASO A ABIDJAN SU RAI INTERNATIONAL. BELLE LE MUSICHE, BELLE LE IMMAGINI E ECCELLENTI LE ATTRICI, TUTTE E TRE. COMPRERO' ANCHE IL LIBRO. MI SONO COMMOSSO
ANTONIO ABIDJAN 04/10/2024 (ORA LOCALE)
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fri_dom
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giovedì 11 gennaio 2024
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deludente
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Ho visto il film subito dopo la lettura dello splendido libro da cui è tratto e purtroppo ne sono rimasta piuttosto delusa. A mio parere non è stata ben ponderata la scelta dell'attrice che interpreta la protagonista, per nulla credibile come parte della famiglia biologica a cui viene restituita. La giovane attrice inoltre non rende in modo sufficiente la profondità di emozioni che la protagonista vive nella pagina scritta e la regia abusa di una colonna sonora che non può sostituirsi a una prova troppo acerba (forse si confidava troppo sulla bellezza della ragazzina?). Soprattutto a confronto con la molto convincente performance della ragazzina che interpreta il personaggio più forte della storia, ovvero la sorella Adriana.
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Ho visto il film subito dopo la lettura dello splendido libro da cui è tratto e purtroppo ne sono rimasta piuttosto delusa. A mio parere non è stata ben ponderata la scelta dell'attrice che interpreta la protagonista, per nulla credibile come parte della famiglia biologica a cui viene restituita. La giovane attrice inoltre non rende in modo sufficiente la profondità di emozioni che la protagonista vive nella pagina scritta e la regia abusa di una colonna sonora che non può sostituirsi a una prova troppo acerba (forse si confidava troppo sulla bellezza della ragazzina?). Soprattutto a confronto con la molto convincente performance della ragazzina che interpreta il personaggio più forte della storia, ovvero la sorella Adriana. Le due stelle sono tutte per lei. Cast a parte (buona la scelta della Scalera), penso che questo film sia troppo freddo e troppo scarno e che non riesca a coinvolgere nella durezza passionale della storia. Insomma. Non a mio parere non invoglia a leggere il libro. Invito coloro che lo hanno letto a rileggerlo e a evitare serenamente il film...
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xerox
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martedì 6 settembre 2022
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bellissimo film!
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L'inferno sono gli altri, diceva Sartre. L'inferno è la famiglia.... Tantissime famiglie.... Siamo nel 1975, e la 13enne Sofia viene sballottata dalla famiglia di adozione a quella naturale. Due mondi antitetici, ma che hanno in comune il ruolo delle madri, assolutamente sottomesse, succubi, annullate da mariti padri padroni. Sofia si salva trovando in sua sorella Adriana la fune che la tiene aggrappata alla vita. Bravissime le due piccole attrici, (Adriana è favolosa!), ma un po' mi mettono in crisi (ripenso anche a Lenù e Lila dell'Amica Geniale) quando le senti parlare nelle interviste. A poco più di 10 anni hanno una maturità, una determinazione, una chiarezza di idee circa il loro futuro, che mi scombussolano.
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L'inferno sono gli altri, diceva Sartre. L'inferno è la famiglia.... Tantissime famiglie.... Siamo nel 1975, e la 13enne Sofia viene sballottata dalla famiglia di adozione a quella naturale. Due mondi antitetici, ma che hanno in comune il ruolo delle madri, assolutamente sottomesse, succubi, annullate da mariti padri padroni. Sofia si salva trovando in sua sorella Adriana la fune che la tiene aggrappata alla vita. Bravissime le due piccole attrici, (Adriana è favolosa!), ma un po' mi mettono in crisi (ripenso anche a Lenù e Lila dell'Amica Geniale) quando le senti parlare nelle interviste. A poco più di 10 anni hanno una maturità, una determinazione, una chiarezza di idee circa il loro futuro, che mi scombussolano. A quell'età io pensavo solo a giocare al pallone.....
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alelu
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lunedì 5 settembre 2022
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attori mal diretti
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alelu
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lunedì 5 settembre 2022
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attori mal diretti
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Nella famiglia di contadini con la quale torna a vivere la protagonista non si manifestano i propri sentimenti, chiaro. Questo però non giustifica il fatto che ogni movimento degli attori su questo set, dalla prima all'ultima inquadratura, debba essere penosamente legnoso, innaturale, posticcio. Potrei arrivare a tollerare le movenze dei membri di questa disgraziata famiglia di contadini - ma era un film espressionista? Non mi pare fossero queste le intenzioni - ma qui anche i borghesi, i commercianti, i rappresentanti di ogni età e classe sociale, persino i bambini (che tanto cinema italiano hanno altrove salvato grazie alla loro rustica spontaneità), sono tutti ridicolmente impalati sui segnaposti, girano come automi, indugiano come marionette attendendo un segnale dal regista che non arriva.
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Nella famiglia di contadini con la quale torna a vivere la protagonista non si manifestano i propri sentimenti, chiaro. Questo però non giustifica il fatto che ogni movimento degli attori su questo set, dalla prima all'ultima inquadratura, debba essere penosamente legnoso, innaturale, posticcio. Potrei arrivare a tollerare le movenze dei membri di questa disgraziata famiglia di contadini - ma era un film espressionista? Non mi pare fossero queste le intenzioni - ma qui anche i borghesi, i commercianti, i rappresentanti di ogni età e classe sociale, persino i bambini (che tanto cinema italiano hanno altrove salvato grazie alla loro rustica spontaneità), sono tutti ridicolmente impalati sui segnaposti, girano come automi, indugiano come marionette attendendo un segnale dal regista che non arriva. Pare che l'attenzione sia tutta presa dalla fotografia - pregevole -, dai costumi, dai movimenti di macchina. Chi ha scritto i testi? Chi si occupa dei movimenti in scena? Qualcuno salvi gli attori! La madre naturale della protagonista è costretta in una maschera di tragica rassegnazione che neanche il teatro nō giapponese. L'attrice che interpreta la piccola sorella della protagonista, che altrove sarebbe stata l'ennesima, scontata rivelazione bambina, è qui soffocata, annichilita, dalla superficialità di chi si è messo in testa di fare cinema senza arte ne sensibilità. Un film che pretende di scimmiottare il cinema autoriale con una presunzione e una goffaggine imbarazzanti.
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herry
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giovedì 9 giugno 2022
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capire cosa dicono sarà possibile?
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Il vezzo di fare i dialoghi in dialetto spero finisca presto, anzi prestissimo. L'Italia ha una lingua nazionale ed è l'italiano. Basta cari registi da fiction tv avete rotto le scatole.
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cardclau
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sabato 13 novembre 2021
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u russu è di malu pilu e di malu culuri ...
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Ricorda il "Cristo si è fermato ad Eboli" di Carlo Levi. Un Italia, probabilmente l'Abruzzo delle alte quote (la Majella o il Gran Sasso) che è rimasta ferma, forse ancora prima del dopo guerra mostrato dalle auto, dove la povertà delle risorse economiche diventa miseria dei sentimenti e delle relazioni umane, dove l'imperativo è solo quello della sopravvivenza e della difesa, ad oltranza, del proprio ruolo e del proprio fazzoletto di territorio. Non si capisce (fino verso la fine) perché l'Arminuta viene abbandonata dalla "sua famiglia", bellissima fulva tredicenne, sguardo di sogno, ritornata, fuori posto, alla trista famiglia originaria.
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Ricorda il "Cristo si è fermato ad Eboli" di Carlo Levi. Un Italia, probabilmente l'Abruzzo delle alte quote (la Majella o il Gran Sasso) che è rimasta ferma, forse ancora prima del dopo guerra mostrato dalle auto, dove la povertà delle risorse economiche diventa miseria dei sentimenti e delle relazioni umane, dove l'imperativo è solo quello della sopravvivenza e della difesa, ad oltranza, del proprio ruolo e del proprio fazzoletto di territorio. Non si capisce (fino verso la fine) perché l'Arminuta viene abbandonata dalla "sua famiglia", bellissima fulva tredicenne, sguardo di sogno, ritornata, fuori posto, alla trista famiglia originaria. Famiglie dove i padri devono difendere il loro ruolo tribale, le madri quello di "mater dolorose" ma nel complesso decisamente anaffettive, incapaci di sentire il proprio cuore, attorniata una da uno stuolo di figli impegnati a non soccombere; o succube le due totalmente dalle risorse economiche del marito. L’Arminuta in questo guazzabuglio dei sentimenti potrebbe scegliere la pazzia, di fronte a continue situazioni inelaborabili, ma forse le qualità personali, l’avere avuto un’infanzia sufficientemente buona, e l’amicizia con la sorellina Adriana la salvano dal mandare in frantumi la propria personalità. Un film drammaticamente vero di un’Italia che potrebbe non essere ancora così cambiata, ma cupo in modo assoluto.
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tommaso lupattelli
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martedì 2 novembre 2021
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l''arminuta, un film bello e che sa far riflettere.
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Sei arrivata". Queste le uniche parole che il padre pronucera' direttamente alla figlia in tutto il film appena entrata nella sua nuova casa per poi versarsi un bicchiere d'acqua bevendolo in un sorso solo. Perché saranno solo soprattutto i silenzi a parlare da ora in avanti e tutto dovra fluire dentro come acqua, a significare l'essenziale e unicamente l'indispensabile, sia nella forma ma molto di più nella sostanza, di una vita fatta di privazioni di tutto ciò che e' superfluo in un confine sottile fra necessità ed inevitabili mancanze.
Pellicola di magnifica poesia rurale a tinte scolorite per i grigi ambienti ma molto di piu' per la sofferenza nell'anima color cenere dei personaggi - con la sola eccezione di Adriana la sorellina minore che il subitaneo amore verso la nuova arrivata rende di colore acceso - ma allo stesso tempo anche abbacinante per gli artefatti e variopinti esterni in un Italia degli gli anni 70 a due velocità.
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Sei arrivata". Queste le uniche parole che il padre pronucera' direttamente alla figlia in tutto il film appena entrata nella sua nuova casa per poi versarsi un bicchiere d'acqua bevendolo in un sorso solo. Perché saranno solo soprattutto i silenzi a parlare da ora in avanti e tutto dovra fluire dentro come acqua, a significare l'essenziale e unicamente l'indispensabile, sia nella forma ma molto di più nella sostanza, di una vita fatta di privazioni di tutto ciò che e' superfluo in un confine sottile fra necessità ed inevitabili mancanze.
Pellicola di magnifica poesia rurale a tinte scolorite per i grigi ambienti ma molto di piu' per la sofferenza nell'anima color cenere dei personaggi - con la sola eccezione di Adriana la sorellina minore che il subitaneo amore verso la nuova arrivata rende di colore acceso - ma allo stesso tempo anche abbacinante per gli artefatti e variopinti esterni in un Italia degli gli anni 70 a due velocità. Quella della media borghesia, ormai piu che intenta a mantenere e conservare i propri privilegi, e quella delle campagne dove sopravvivere e' spesso piu' un lusso che uno scopo. Due mondi totalmente differenti trA loro, ma in entrambe, il padre-padrone. In questo contesto L'arminuta, una ragazzina di 13 anni ripudiata dalla madre adottiva e rispedita " come un pacco" ai veri genitori, contadini abruzzesi, dovrà ritrovare l' identita' perduta nel percorso di crescita che sara' costretta inevitabilmente a compiere per poter interiorizzare il distacco doloroso ed improvviso dalla madre adottiva. E nella sofferenza di una condizione familiare a tinte fosche dove alla luce del sole non sembrano esserci possibilita' di rivalsa - uno dei fratelli morira' in una corsa all'aperto in moto - il non detto conta più delle parole, e non e' un caso il ricorso ad un dialetto abruzzese a volte anche non facilmente comprensibile. Con sapiente movimento della macchina da presa ed inquadrature mai forzate o autoreferenziali la pellicola scorre fluida grazie ad una regia attenta e senza mai esitazione alcuna. Il regista mostra indiscutibile maestria nel portare lo spettatore a comprendere a poco a poco ciò che alberga nell'animo di ciascuno mantenendo sempre la giusta distanza tra i vari personaggi e gli eventi e senza sconfinare minimamente in una facile moralizzazione. Ed e' forse questo uno dei maggiori pregi del film, ma forse di un opera in generale, lasciare allo spettatore di poter formulare autonomamente e senza inganni il proprio punto di vista fornendo semplicemente gli elementi in modo oggettivo e asettico. L'arminuta e' un film bello, come se ne fanno pochi ormai in Italia, perché riesce ad arrivare nel profondo senza la pretesa di insegnarci nulla ma solo ricordandoci che all'improvviso possiamo tutti noi cominciare a volare e proprio quando tutto invece sembra volerci tenere ben piantati a terra. Ed e' proprio nel volo su una giostra che la bambina comincera' a intuire che il bello può essere anche altrove, ma anche che e' solo con uno sguardo dall'alto che e' possibile comprendere ciò e chi ci circonda. A volte, purtroppo, sapere accettare la realtà, molto più che volerla per forza cambiare, e' l'unica strada possibile. Ed e' proprio da questa accettazione che si compira' la crescita della protagonista.
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loland10
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martedì 26 ottobre 2021
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bambine e l''orizzonte
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“L’Arminuta” (2021) è il terzo lungometraggio del regista Giuseppe Bonito.
Ragazza di tredici anni senza nome (la ‘Ritornata”), uno sguardo perso e una vita che sembra da prendere ogni giorno. Con un prima che non conosce più e un dopo nebuloso e incerto.
Girato in forma dialettale abruzzese -teramana- (anche se le riprese sono state effettuate nella sabina reatina), con un linguaggio povero e scarno e una sceneggiatura essenziale priva di ridondanze eccessive. Tratto da libro omonimo di Donatella Di Pietrantonio che ha scritto il film insieme a Monica Zapelli.
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“L’Arminuta” (2021) è il terzo lungometraggio del regista Giuseppe Bonito.
Ragazza di tredici anni senza nome (la ‘Ritornata”), uno sguardo perso e una vita che sembra da prendere ogni giorno. Con un prima che non conosce più e un dopo nebuloso e incerto.
Girato in forma dialettale abruzzese -teramana- (anche se le riprese sono state effettuate nella sabina reatina), con un linguaggio povero e scarno e una sceneggiatura essenziale priva di ridondanze eccessive. Tratto da libro omonimo di Donatella Di Pietrantonio che ha scritto il film insieme a Monica Zapelli.
Il gruppo dei minorenni (le due bambine soprattutto) e la madre, ‘attirano’ la pellicola fino alla fine: con attenzione, semplicità e cadenze sottili, il regista riesce a farci pensare e riflettere.
Film che con pochi mezzi spolvera una commozione sincera e un racconto di poesia agreste.
Storie vive tra rapporti chiusi, mamme sottomesse, figli costretti e una ragazza che si trova catapultata in un mondo oscuro e che non conosce, non suo. Come un alieno, lei dice. La comodità abbandona il suo vivere quotidiano. Vede una famiglia sconosciuta e sente voci e parole dure. Senza sconti.
Ambientazione efficace e di grande effetto visivo; interni, modi e mezzi ricostruiscono benissimo il periodo in cui si svolge la storia con piccoli movimenti di macchina e angolazioni non banali.
Personaggi tutti azzeccati con una recitazione al ribasso ma efficacissima; un modo sottrattivo pieno di pathos represso. Un guadarsi in diagonale non accomodante. Si ha sempre la sensazione di colpi di scena annullati. Anche quando sta per succedere il dramma, una moto, due volti e un autobus, non si ha la scena madre ma tutto avviene in un gioco di correlazione malinconico, tremolante, misero senza mai alzare i toni e a facili commiserazioni registiche.
La distanza tra la camera e i ragazzi viene mantenuta ferma e linearmente mai propensa verso una o l’altra vicenda. Una ripresa sativa-mente attenuata, morbida e mai prevaricante sui voltidei ragazzi. A giusta altezza ogni via di percorsa tra interni, esterni e fino al mare tanto sognato.
Il luogo di aggregazione e disgregazione è la tavola dove mangiano la mamma, il papà, i figli e l’Arminuta. Il luogo degli sguardi e delle poche parole è una pentola piena di un cibo diviso per tutti. Ognuno prende il suo.‘La tavola e il cibo in pentola’ sono il crocevia di ciascuno, dove si manifestano sguardi, silenzi, parole e scambi minimi tra un semplice piatto da sporcare e un boccone per sfamarsi. Un ambiente interno scarno, scolorato, umido e fin troppo ristretto. L’intimità si perde e si annulla tra letti vicinissimi e in un bagno nascosto e piccolo.
Con un po’ d’acqua e una bottiglia di vino per un rozzo padre (padrone) che usa come non mai, la cinghia prima di inveire contro le montagne (‘perché non hai preso me’j per la perdita del proprio figlio.
Pellicola che goccia dopo goccia ti entra dentro, scarna nella messa in scena, adeguata al contesto, viva nei gesti, silenziosa e taciturna negli oggetti, misurata nel porsi, aggressiva negli sguardi, avvolgente nella fotografia.
Il contro-canto tra vita comoda e vita piena di stenti arriva da ieri fino ad oggi. Il passo è dirompente tra servizio pulito in un tavolo ben imbandito e un tavolo puramente essenziale con una cibo da cercare e uno spazio ristretto senza visuali sognanti. Ecco che il ‘poco’ diventa ‘orgoglio’ e ‘speranza’ per una ragazza che è la ‘migliore della scuola’.
Cast: Sofia Fiore (l'Arminuta) convincente e immediata nel gestire un personaggio con molte sfumature e sempre al centro dell’inquadratura; Carlotta De Leonardis (Adriana): incanta il suo essere sorella/amica, solare in penombra; Vanessa Scalera (la madre): melanconicamente forte nella rivalsa di un difficile ambiente familiare; Fabrizio Ferracane (il padre): ruolo ingrato e con poche parole si fa ricordare; Andrea Fuorto (Vincenzo): il figlio che vuole ‘fuggire’ e ‘amare’, il mare e una moto per un pericolo dietro una curva.
Fotografia di Alfredo Betrò: spenta e grigia, attenuata nei colori; viva (prima) e priva (dopo) del tempo e dei luoghi. Un ‘oltre’ dentro l’orizzonte del mare per due bambine.
Regia di Giuseppe Bonito a giusta altezza, mai predominante, semplice ed efficace.
Voto: 7½ (***½) -cinema in abbandono-
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amgiad
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lunedì 25 ottobre 2021
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andata e ritorno
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Talvolta si parte senza saperlo, e senza sapere il perchè si torna. Un viaggio di andata e ritorno per una bimba trattata come un pacco. Era frequente, nell' Italia del boom dove molto grande era la differenza tra l' agiata vita in città e l' ancora povera vita di campagna, che nelle famiglie dove una sorella si era sposata bene, ma non aveva potuto avere figli, si giungesse all' "adozione" di fatto di un figlio, o figlia, della sorella meno fortunata. La zia avrebbe assicurato un benessere e un futuro, che all' epoca la famiglia naturale pensava di non poter assicurare. Scelta dolorosissima. Ma ancor più doloroso era il ritorno, quando un nuovo evento, rompeva l' accordo.
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Talvolta si parte senza saperlo, e senza sapere il perchè si torna. Un viaggio di andata e ritorno per una bimba trattata come un pacco. Era frequente, nell' Italia del boom dove molto grande era la differenza tra l' agiata vita in città e l' ancora povera vita di campagna, che nelle famiglie dove una sorella si era sposata bene, ma non aveva potuto avere figli, si giungesse all' "adozione" di fatto di un figlio, o figlia, della sorella meno fortunata. La zia avrebbe assicurato un benessere e un futuro, che all' epoca la famiglia naturale pensava di non poter assicurare. Scelta dolorosissima. Ma ancor più doloroso era il ritorno, quando un nuovo evento, rompeva l' accordo. L' urlo che spiega tutto è quello della protagonista che rivendica di non essere un pacco. Troppe volte gli adulti fanno cose senza minimamente pensare al dolore, e spesso ai danni, che queste scelte lasciano dentro ai bambini.
Il film, non ho letto il libro, rappresenta questa situazione molto bene, semplicemente e con sincerità, Gli interpreti, il regista, gli sceneggiatori, sono tutti bravi e hanno realizzato un ottimo film. Il miglior commento lo ha fatto, al termine, un mio amico, con cui ero andato al cinema: "peccato che sia finito, avrei avuto ancora voglia di vedere".
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